La Storia
Vallemaio è il recente nome di questo paese che fino
al 1932 si chiamava Vallefredda in ossequio al rigido clima invernale; ha
cambiato nome per ricordare che sorge alle falde del monte Maio, il più elevato
della zona. L’ambiente è alpestre, pur essendo situato a poche centinaia di
metri sul livello del mare e con il Tirreno a pochi passi. Il centro storico
sorge sopra una piccola collina che si innalza da una fertile conca.
L’abitato è medioevale, anche se il popolamento del
territorio risale sicuramente a epoche antiche, e fu edificato dai conti di Suio,
ipati di Gaeta. Solamente nel 1040 Vallefredda entrò nell’orbita cassinese
ricevendo, nel 1079, una delle prime carte di libertà concesse dagli abati, in
cui si garantivano diversi diritti agli abitanti. Rimase soggetto al cenobio
sino al termine del Quattrocento quando, pur rimanendo feudo dei monaci, venne
sottoposto all’autorità statale e finalmente, con la fine del regime feudale nel
1806, si liberò definitivamente dalla soggezione monastica. |
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Abitanti:
Vallemaiesi o Vallefreddani
Festa
patronale: San Tommaso
Frazioni e Località:
-
Comuni
limitrofi: Castelforte, Castelnuovo Parano, Coreno
Ausonio, Sant'Andrea, San Giorgio a Liri, Sant'Apollinare.
Distanza da
Frosinone Km. 61
Autostrada:
A1 Cassino. |
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Per tutto il Medioevo e fino alla seconda
guerra mondiale se ne tentò la conquista da contendenti diversi.
All’inizio dell’XI secolo i vallefreddani si schierarono con i normanni,
ma alla fine del secolo Mark vald, condottiero di parte imperiale, li
attaccò; nel 1421 Braccio di Montone alla guida di truppe pontificie
occupò il paese. Dopo l’unità d’Italia il brigantaggio imperversò nella
zona. Durante la seconda guerra mondiale si combatté per diversi mesi sul
Maio, ove ancora si trovano le trincee scavate in quella occasione. Qua si
totalmente distrutto, il paese ha avuto anche molte vittime civili.
Le rovine della guerra campeggiano ancora
nella parte più alta del paese; qui si osservano i resti dell’antica
Chiesa di San Tommaso o del Castello: mura mozzate o rase, capitelli,
pietre lavorate dai lapicidi, qualcuna con iscrizioni latine. Sono andati
persi gli affreschi, l’orologio solare e il pavimento in cotto smaltato
mentre alcune opere d’arte sono state sottratte dai tedeschi occupanti.
Più in basso, la Chiesa del Rosario è in ricostruzione per farne un centro
culturale pubblico (si nota ancora un bel portale cinquecentesco) mentre
il paese, pur fortemente danneggiato e profondamente mutato dagli
interventi degli ultimi decenni, conserva alcune sembianze dell’antico
insediamento: case affastellate che scendono lungo ripide viuzze incontro
alle mura castellane, oggi abbassate e ancora circondate da resti di torri
circolari, risalenti al ‘400. La chiesa più rilevante di Vallemaio è
quella dedicata all’Annunziata, già edificio confraternale e adiacente a
un ospedale; interessante la facciata cinquecentesca con un bel portale,
datato 1553 e sormontato da un grande oculo lapideo. Non meno pregevole è
il trittico cinquecentesco che si eleva sull’altare maggiore: rappresenta
appunto l’Annunciazione alla Madonna a cui fanno corona santi venerati
localmente. Il pavimento antistante l’altare maggiore è un’opera
realizzata con formelle in cotto, le reggiole, policrome e ottagonali con
figure umane a mezzo busto (guerrieri con elmi e corazze, donne con
acconciature stravaganti), fregi, stemmi, animali, decorazioni realistiche
e una lunga iscrizione dedicatoria. Risale anch’esso al XVI secolo.
L’ambiente è fortemente condizionato dalla natura che domina
incontrastata: si tratta di una zona montana con due larghe valli, l’una
prospiciente il piccolo cono del centro storico, l’altra, di Vallaura,
destinata all’allevamento e alla coltivazione di grano duro. Il terreno è
prevalentemente carsico, eppure vi scorre qualche rio e la folta
vegetazione è dominata dalle querce, dal carpino e dal sottobosco tipico
della macchia mediterranea. Pochi gli animali selvatici, anche se
l’incolto aumenta sempre più.
Attualmente il paese, che ha conosciuto da
sempre l’emigrazione (nota è quella dei vallefreddani emigrati a Napoli e
specializzati nella macelleria), risente di un forte calo demografico.
Fino a qualche decennio or sono, l’economia
era prevalentemente agricola, oggi rimane consistente l’allevamento brado,
soprattutto a Vallaura. Parte della popolazione si reca a lavorare nella
zona industriale cassinate. Da notare un certo incremento delle attività
commerciali. |