Una delle attività più caratteristiche
dell’economia pontecorvese è stata la costruzione di stoviglie in
terracotta, in particolare di certe anfore chiamate localmente “cannate”,
recipienti panciuti ma facilmente trasportabili per raccogliere,
conservare e distribuire i liquidi. Venivano decorate a freddo con
terra rossa, e avevano fregi ornamentali molto semplici. E del tutto
tramontato l’articolato artigianato locale che produceva funi, cuoio,
stoffe di canapa, cesti e graticci di canna, borse di fibra vegetale e
attrezzi in ferro.
Una buona parte della popolazione attiva
lavora nel terziario. Altri cittadini lavorano nelle fabbriche,
specialmente alla Fiat della vicinissima Piedimonte.
Pontecorvo ha una sviluppata agricoltura:
attualmente è in espansione la coltura specializzata del tabacco per
la sua alta remuneratività; le coltivazioni dell’ “erba Santacroce”
occupano buona parte delle pianure irrigue del territorio. Solamente
nell’area collinare di Santa Oliva si producono anche granturco e
ortaggi: molto ricercati sono i famosi fagioli coltivati in questa
frazione. Altre produzioni di rilievo della contrada sono le uve, ed i
relativi vini. Agnelli e capretti vengono allevati fra i monti e le
colline.
Nei tempi recenti l’espansione demografica
è stata sostenuta dal ritorno dei pontecorvesi emigrati; c’è stata una
contemporanea immigrazione dalle aree depresse del sud. Questo
incremento demografico ha dato vita ad una notevole espansione
edilizia nel centro urbano e nelle campagne, lungo le strade di
collegamento e nelle contrade rurali che si sono notevolmente estese.
Una delle manifestazioni più vive della
cittadina ciociara è il carnevale, oggi sicuramente uno dei più vivaci
della provincia. In precedenza era caratterizzato da un gioco tipico:
l’assalto dei mori alla cittadina, che si concludeva con sonore
bastonature.
A Pontecorvo, in occasione della festa del
santo patrono, si portano in corteo due fantocci, rappresentanti il
diavolo ed un personaggio leggendario locale, Camèle, che poi vengono
scaraventati in acqua, nel Liri, e presi a sassate. |