Pico

 

Provincia di Frosinone, abitanti 3.274, superficie Kmq 32,64, altitudine m.190

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COMUNI

La Storia

Il nome sembra che abbia avuto origine dall’uccello chiamato pica, anche se molti vorrebbero richiamarsi all’omonimo dio latino dei boschi. Per molto tempo venne chiamato anche Lupico.

La storia di questo centro, che sembra antichissimo, in realtà ha origine documentate solo nel Medioevo: sappiamo con certezza che è stato fondato dopo il 1049 da Giovanni Scinto, uno dei signori di Aquino. Il castello venne qui eretto perché vi passa una delle vie trasversali per la Marittima: si tratta di una strada che già anticamente collegava Gaeta con Avezzano e la Casilina con l’Appia, attraverso i monti Ausoni. Gli avvenimenti successivi alla fondazione sono noti: il castello, appartenuto alla circoscrizione di Pontecorvo, è passato più volte di mano dai signori di Fondi ai monaci di Montecassino. Un monastero dedicato a San Nicola, oggi scomparso, venne consacrato nel 1087 da papa Vittore III, presenti numerosi cardinali.

 

Abitanti: Picani

Festa patronale: Sant' Antonio

Frazioni e Località: Colle Ponte.

Comuni limitrofi: Pontecorvo, Campodimele, Lenola, Pastena, San Giovanni Incarico.

Distanza da Frosinone Km. 35

Autostrada: A1 Ceparano

Si sa ancora di un assedio da parte di truppe cassinesi in occasione di una rivolta fomentata da Riccardo signore di Pico. Nel Trecento il castello raggiunse una propria organizzazione comunale e doveva avere una certa consistenza, se annoverava una decina di chiese e doveva fornire quattro soldati. Distaccatosi definitivamente da Pontecorvo, passando sotto la signoria prima dei d’Aquino e poi dei Montenegro e degli Spinelli, ne seguì le sorti quando quest’ultimi furono coinvolti nelle guerre contro gli aragonesi. Dagli Spinelli passò ai della Rovere, e ai Farnese, dai quali, per un breve periodo prese il nome. Questa dinastia ha ricostruito il castello e promulgato nuovi statuti. Durante il Settecento il patrimonio feudale venne liquidato a favore di famiglie borghesi locali e nel 1734 il feudo passò alla camera regia. Nel 1802 Pico fu insignito del titolo di città dal re di Napoli e con l’unificazione entrò nel regno italiano. Coinvolto pesantemente negli avvenimenti politici, culminati negli episodi del brigantaggio tra la fine del Settecento e la Restaurazione, Pico si trovò al centro delle vicende dei briganti antiunitari anche dopo il 1860. Dopo l’unificazione Pico fu toccato da una ventata di modernizzazione che continua ancor oggi anche se l’emigrazione è stata molto alta. Durante la seconda guerra mondiale sulle montagne del paese si rifugiò un gran numero di sfollati dal cassinate, il borgo venne sgomberato e la popolazione deportata in altri luoghi. Il passaggio delle truppe causò seri danni e atti di violenza vennero compiuti contro gli abitanti. Dopo la guerra, malgrado il tentativo di ripresa, parte della popolazione emigrò e molti si diressero verso la Svizzera.

Pico è dominato dalle rovine del Castello Farnese da cui si gode un vasto panorama: ormai è quasi del tutto distrutto e si notano solo alcuni torrioni sui quali svetta una torre con orologio di costruzione rinascimentale. Una parte del maniero è stata destinata a parco pubblico. Dall’altro lato della sommità si eleva la settecentesca Parrocchiale di Sant’Antonino, con una facciata caratterizzata da lesene in pietra locale. Un’altra chiesa eretta nel borgo è quella di Santa Marina, più antica della parrocchiale, abbastanza ben conservata con elementi decorativi romanici: un bel portale laterale e un tozzo campanile. Nel Centro storico, a cui è aggiunto un quartiere lungo la strada per Pastena, ci sono alcuni bei palazzetti ottocenteschi con portali lapidei e stemmi: fra questi spicca il Palazzo, casa natale dello scrittore Tommaso Landolfi. Diverse sono le case dirute e spopolate del centro storico, soggetto a ristrutturazione nelle sue aree sommitali con una nuova pavimentazione ed il rifacimento di abitazioni e di qualche palazzetto. Scendendo per le viuzze ed i vicoli, si perviene alla porta dabbasso, fuori della quale si erge una graziosa chiesetta. La grande porta rinchiude la parte più vecchia del paese e vicino vi sorge un bel palazzo con ancora i segni della seconda guerra mondiale. Le strade del paese sono poste a raggiera e sembra che l’antico borgo fosse costituito da tre cerchie murarie oltre al castello sommitale.

Tramontata da tempo l’economia tradizionale della pastorizia, l’attività principale rimane l’agricoltura, che è fiorente ma rivolta prevalentemente all’autoconsumo. Buona parte della popolazione attiva lavora nelle fabbriche delle aree industriali di Ceprano e soprattutto presso la Fiat di Cassino.

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