In una lettera al fratello Quinto, Marco Tullio
Cicerone riferisce su un viaggio da lui compiuto nel settembre del 54 a.C.,
dalla sua residenza arpinate, alle foci del Fibreno, per visitare alcune ville
di proprietà dello stesso fratello (Laterium, Arcanum, Manlianum). Nella
lettera egli dà diverse indicazioni riguardanti il Laterium: l’accesso a
questa località gli appare particolarmente comodo, così da poter sembrare una
“strada pubblica”, ad eccezione di un tratto di via di 150 passi molto ripida,
che partiva dal ponticello posto vicino al tempio della dea Furina e rivolto
verso Satricum. Questo insediamento (da non confondere con l’altro centro
volsco identificato nel Lazio centrale, vicino ad Anzio, in località Borgo Le
Ferriere), secondo F. Coarelli, dovrebbe individuarsi presso Boville Ernica.
Lo stesso Cicerone, in un’altra lettera indirizzata
ad Attico (nel 56 a.C.), scrive che proprio in relazione al Laterium era
sorta una grande agitazione fra gli Arpinati e questa annotazione fa pensare che
il Laterium potesse essere allora un pagus di Arpino. Oltre alla
citazione di una locale villa di Quinto Cicerone, occorre considerare anche
l’indicazione fornitaci da un’iscrizione romana (C.LL. X, 5670), rinvenuta “in
villa Laterina”, presso la chiesa dì “Santa Maria Zapponi”, che verosimilmente
era situata nell’area del Polverificio militare di Fontana Liri. Non è chiaro se
quella dell’iscrizione C.I.L. fosse la stessa villa di Quinto Cicerone (anche se
con diverso proprietario) o un secondo complesso residenziale.
Comunque sia, si conferma l’ipotesi, avanzata da
diversi studiosi, che il Laterium coincidesse con l’attuale territorio di
Fontana Liri e si sottolinea come esso, per la sua felice posizione, fosse stato
scelto per la costruzione di una o più ville. Suggestiva, in questo senso, è la
presenza, nelle vicinanze, del toponimo “Costa Laterno”, così come, a Cassino,
dell’iscrizione C.I.L., X, 5160, in cui si menziona un Q. Laterinus.
Alquanto azzardate si rivelano, tuttavia, ulteriori
precisazioni, riguardanti la localizzazione del ponticello e del tempio (o luogo
sacro?) della dea Furina, formulate dal Giannetti. Interessanti sono poi le
indicazioni, date sempre da Cicerone, circa una via Vitularia e la sua
diramazione Vitulina, sul percorso delle quali nulla si può dire con
sicurezza, pur restando fermo il fatto che sicuramente un percorso antico
collegava Arpino alla Via Latina, attraverso il Laterium.
Ferdinando Pistilli, nel 1798, riportava che presso
il laghetto di Fontana Liri erano venuti alla luce resti di “fabbriche”,
frammenti di pavimenti musivi, colonne spezzate e lapidi, ma proprio la
citazione delle “iscrizioni” al plurale fa pensare che potessero esservi sul
lago avanzi di monumenti romani, schierati lungo il già citato percorso, più che
emergenze di una villa.
Sempre ad un monumento funerario si riferisce un
fregio scolpito, di epoca tardo-imperiale, conservato presso l’abitazione
dell’insegnante Gino Pistilli, con simboli allusivi all’oltretomba (pigna
impugnata come una face, ruota, due pavoni, l’albero della vita) con un
singolare sincretismo fra simbologia pagana e cristiana. Giannetti sul fregio
avanzava una serie di congetture che non mi sento di condividere.
Presso la chiesa di San Silvestro, intorno agli anni
80, si trovò un dolio, ora in possesso di un privato, mentre un tratto
dell’antico percorso per Arpino, sino a pochi anni or sono, era rintracciabile
presso il campo sportivo.
A questa antica strada si ricollega un importante
rinvenimento avvenuto in contrada “San Paolo- Fontana Isa”.
“Nel Museo di Casamari è conservata un’ara di Iside,
alla quale aveva già fatto cenno W. Hermann, scrivendo che essa era stata
trovata in comune di Fontana Liri. Più tardi S. Panciera, erroneamente, ha
affermato che l’ara era venuta alla luce sulla riva destra del Liri, presso l’Anitrella,
e che pertanto essa doveva porsi fra le iscrizioni del municipiutn di
Cereatae Marianae. Infine, recentemente, quale luogo di provenienza,
è stata indicata da A. Giannetti la contrada San Paolo di Fontana Liri e, con
maggior precisione, le adiacenze della chiesetta di San Paolo.
Per effettuare una verifica delle condizioni del
ritrovamento, ho eseguito una ricognizione sul posto, raccogliendo diverse
notizie dai membri delle famiglie Battista e Bianchi, abitanti nella zona.
Risulta che la chiesetta di San Paolo venne ricostruita nel 1935, sul bordo
dell’attuale strada che da Arpino porta a Fontana Liri. La vecchia chiesa, di
forma absidata, era spostata di una ventina di metri a nord ovest (in un terreno
di proprietà del Sig. Pasquale Giannetti) e, quando fu abbattuta, dalle sue
fondamenta vennero estratti diversi grandi blocchi calcarei... Lara è invece
venuta alla luce nel 1948, a una ventina di metri a nord est dalla chiesetta,
durante i lavori per impiantare un vigneto, ad una profondità di quasi due metri
(in un terreno di proprietà del Sig. Giuseppe Di Rienzo). Ora sorge sul luogo
una casa colonica. Ad un centinaio di metri dalla chiesetta, nella macchia,
sgorga una sorgente perenne denominata Fontana Isa, in cui è facile riconoscere
un originario Iside ... A completare il quadro archeologico, risulta,
dalle dichiarazioni raccolte, che nei pressi della vecchia chiesa, anni fa,
venne alla luce “una tomba in terracotta, ma senza scheletro..
L’ara di Iside è costituita da un monoblocco alto m.
0,88, lungo m. 0,63, profondo m. 0,50. La parte superiore consiste in un pulvino
a volute, sotto il quale sono disposte ghirlande con bende sacrificali e bucrani
agli angoli. Sulle quattro facce si susseguono diversi bassorilievi isiaci. Su
quella anteriore, al di sopra e al di sotto della figurazione, su due linee, si
svolge la seguente iscrizione: Ex testamento/ Aburenae Quartae/ sacra reddita.
Questa Aburena, una donna di condizione libera ed
evidentemente agiata, con testamento lascia delle sostanze, affinché sia
ripristinato il culto di Iside. Il gentilizio Aburenus non è altrimenti
noto... Panciera propone per l’ara una datazione riguardante la prima metà del
I° sec. d.C., in considerazione delle vicende del culto, rigettando la datazione
augustea avanzata da Hermann. A me sembra, proprio tenendo conto di tali
vicende, che si possa escludere anche il periodo di Tiberio e che l’unica
datazione accettabile parta dall’età di Caligola. Non mi sento d’altra parte di
condividere l’interpretazione del sacra reddita data dal Panciera. Egli
ritiene che le disposizioni testamentarie si siano attuate attraverso la
consacrazione dell’ara ed il tributo di cerimonie di culto, affermando che
reddere, nel linguaggio sacro, ha un significato “particolare” riguardo al
quale egli porta la testimonianza del Lexicon di Forcellini. Già Hermann
aveva avanzato l’ipotesi che l’iscrizione alludesse invece al ripristino del
culto dopo un’interruzione forzata, pur avendo inquadrato l’avvenimento in una
prospettiva storica discutibile. Per quanto mi riguarda, noto che la citazione
del Forcellini non è del tutto corrispondente a quanto si legge nell’iscrizione
e che reddere si può anche riferire proprio al ripristino “materiale” di
un monumento o di un edificio. Ritengo quindi che Aburena abbia voluto con il
suo lascito riaffermare il culto di Iside, dopo gli interventi ostili
verificatisi in loco, probabilmente nel periodo di governo di Tiberio.
A) Faccia anteriore dell’ara. E rappresentata
una cista mistica con piedini (tre visibili) e coperchio rotondeggiante. Sulla
parte anteriore della cista, a bassorilievo, è delineata una luna crescente; al
di sopra si innalza, con le sue volute, un serpente che con la testa si
interpone fra il nomen ed il cognomen della dedicante. L’intera
composizione ci introduce nella simbologia propria dei riti isiaci. Nella
processione descritta da Apuleio, la divinità è configurata in un’urna d’oro,
dalla quale s’innalzava un serpente: .. . Su una piccola urna forgiata in
modo egregio, con fondo pressoché rotondo, effigiata esternamente con
meravigliose immagini egiziane, un serpente dalle contorte spire sedeva
ergendosi con il gonfiore striato della testa ricoperta di squame. Il
serpente, la cui forza sacrale è fondamentale nella religione egiziana,
personifica la stessa Iside e la cista nasconde i misteri di quella sublime
religione, così come si dice chiaramente per l’altra cista che conteneva i sacri
arredi (...una cista piena di segreti, che. celava nel profondo i
misteri di una sublime religione), esibita nella stessa processione. Ancora
nel sec. XVIII, in un’incisione del francese Bernard Picart, Iside e Osiride
sono interpretati come due serpenti.
B) Faccia posteriore. E rappresentata in alto
una pantera umbilicata, oggetto sacrificale comunemente scolpito anche
sui fregi dorici dei locali monumenti funerari.
C) Faccia laterale sinistra. E rappresentato
un sistro, strumento musicale proprio dei culti orientali. Anch’esso compare
nella processione isiaca e sono gli iniziati ai sacri misteri, uomini e donne,
che producono un acuto suono con i sistri di bronzo e di argento e
persino d’oro. In un altorilievo di età augustea della Via Appia, è
raffigurata una donna con sistro. L’iscrizione che l’accompagna (C.LL., VI,
2246) ricorda appunto una sacerdotessa di Iside chiamata Usia Prima.
D) Faccia laterale destra. Vi si scorge una
situla per libagioni. Ancora una volta vi è un riscontro con Apuleio, nel
passo in cui un sacerdote, dopo essere giunto alla fonte, volentieri liba
alla dea... (Rizzello, 1984).
All’anno 107 d.C., per la citazione dei consoli Q.
Licinio Graniano e L. Minicio Natale, ci riporta la già citata ed importante
iscrizione rinvenuta nella “Villa Laterina”, prima conservata dal sacerdote Don
Pasquale Proia, poi donata da Gennaro Grossi al Museo Borbonico di Napoli (ed
ora nel Museo Nazionale di questa città). L’iscrizione fu interamente trascritta
da Pasquale Cayro e poi pubblicata (C.I.L., X, 5670) dal Mommsen.
Vi si ricorda un’adunanza svoltasi a Sora, nella
basilica di Cesare (edificio pubblico di cui si ignora la collocazione), durante
la quale, in onore di Marco Vibio Autore, che per due volte era stato duovir
quinquennalis, in considerazione dei suoi meriti, si stabilì il
conferimento di una tavola di bronzo e l’erezione di una statua. L’iscrizione di
Fontana doveva comunque, essere una copia di quella originaria, un duplicato che
Vibìo Autore aveva fatto sistemare nella sua villa in Laterio.
Agli inizi dell’altomedioevo, è databile un ripostiglio
monetale, rinvenuto durante lavori compiuti nel Polverificio prima del 1899 a
Fontana Liri e donato al Museo Civico di Brescia, nel gennaio 1899, dal Tenente
Colonnello A. Benedetti.
Al momento del recupero, il ripostiglio comprendeva
150 monete gotiche e bizantine, in cattive condizioni di conservazione (solo 70
leggibili). Attualmente, se ne conservano nel Museo 72, tutte leggibili; altre
due monete, una di Arcadio (383-408) ed una di Leone I (457-474), risultanti nèl
Registro del Museo, non più reperibili.
Il tesoretto presenta datazioni dal 383 al 552 d.C.,
con le seguenti autorità emittenti: Arcadio, Leone I (già citati); Marciano,
Anastasio, Giustiniano I, Atalarico, Teodatò, Vitige, Baduila, Trasamund (?),
Hilderich (?). Le zecche individuate sono quelle di Costantinopoli, Nicomedia
(?), Cizico (?), Cartagine, Ravenna, Roma, Ticinum. La relativa scheda
anagrafica, compilata dal Museo, è stata riportata da G. Pistilli (Fontana Liri,
pp. 49-50).
Il ripostiglio appare fondamentale per la
ricostruzione storica di uno dei periodi meno conosciuti nella nostra zona. |