Cassino e Montecassino

 

Provincia di Frosinone, abitanti 34.565, superficie Kmq 82,85, altitudine m.45

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CASSINO

 

La Posizione, la storia

La città di Cassino, posta alle estreme propaggini della provincia di Frosinone, al confine con la Campania, sorge alle falde del colle denominato Montecassino, che qui si distacca dal monte Cairo.

La posizione della località è di notevole importanza poiché, a causa prima di un restringimento della valle del Liri e poi dello sbarramento della valle Latina, la collina di Montecassino domina la strada tra Roma e Napoli. La città è stata perciò nei secoli oggetto di aspre contese. La collina cassinate è di natura vulcanica: essa non trattiene le acque piovane che pertanto affluiscono abbondanti a valle. Nella piana di Cassino il Rapido si versa nel Liri; per questo motivo le acque spesso formano ristagni che, nei secoli passati, davano luogo a larghe aree paludose. Secondo alcuni il nome deriva da un vocabolo sabino, cascum, che significherebbe “antico” e il nome indicherebbe la remota origine della città. In epoca romana si chiamò Casinum. Il centro abitato non ebbe però sempre lo stesso nome: nel Medioevo si chiamò prima Castellum Sancti Petri, poi Eulogimenopoli (città di San Benedetto), per poi diventare San Germano. Questo nome rimase fino al 1863, quando il centro riacquistò l’antico nome.

Poiché l’area pianeggiante era un vasto bacino lacustre, i primi insediamenti umani si ritrovano nelle grotte della collina. Resti del Neolitico, oggi scomparsi, testimoniano la frequenza dell’uomo, ma solo con l’Età del ferro sembra che si sia formato uno stanziamento stabile documentato da una necropoli.

Casinum, posto al confine fra i volsci e i sanniti, entrò nell’orbita romana dopo il 313 a.C. e per il controllo dell’area i romani fondarono la colonia di Interamna Succasina, sottraendo parte del territorio ad Aquino e Cassino. Durante la guerra annibalica, Casinum si schierò con Roma. Da quest’epoca in poi il centro scompare dalle testimonianze degli scrittori. Oggi ci rimangono solo alcuni ruderi per comprendere come era costituita la città e vaghe notizie della tarda repubblica e dell’epoca imperiale. Cassino sembra essere stata in quell’epoca un operoso borgo provinciale. Varrone vi possedeva una villa.

L’abitato romano sorgeva sulle falde della collina di Montecassino, nella zona del la borgata “Crocefisso”, lungo l’antico percorso della via Latina che l’attraversava interamente. La città presentava un ampio circuito murario di circa 4 chilometri e conservava nel suo interno un gran numero di monumenti.

La colonia romana ebbe diverse configurazioni giuridiche all’interno della compagine statale (municipium, colonia, praefectura) che indicano una progressiva romanizzazione e inserimento nell’ordinamento di Roma. La costituzione della colonia significò anche una centuriazione (oggi non più rintracciabile nell’agro cassinate), ma che comunque si realizzò poiché l’agro venne bonificato e attraversato da una strada importante per la viabilità romana: la via Latina. All’altezza di Casinum, si dipartiva una strada che penetrava nella valle di Comino, collegandosi con l’Abruzzo medio e con Roma, via Sora.

La città tributava il culto principale ad Apollo, il cui tempio era sull’acropoli. Altri dei venerati erano Deluentius, una divinità locale delle acque, Venere, Cerere, Giove, Concordìa, Marte, Ercole e Silvano.

Fra i monumenti importanti della Cassino romana si ricordano l’acquedotto che portava l’acqua potabile dalla vicina zona montana; il foro che corrisponderebbe al centro della vecchia Cassino distrutta durante la seconda guerra mondiale e, secondo le ipotesi accolte anche dal Carettoni, doveva essere esterno alla cinta urbana per favorire il mercato boario; l’anfiteatro, ancora esistente e posto nella borgata Crocefisso. Si tratta di una costruzione molto grande in buona parte conservata, edificata sfruttando il declivio naturale della collina. Cinque fornici immettevano all’interno; tutta la costruzione si presenta di semplice, sobria fattura. Anche il teatro, conservato e restaurato in tempi recenti, appartiene ai monumenti dell’antica Casinum pervenutici malgrado i guasti del tempo. Esempio monumentale di teatro romano con cavea a semicerchio esatto, è situato non lontano dall’anfiteatro.

Altri resti romani sono il sepolcro di Uminidia Quadratilla, giunto sino a noi perché trasformato in chiesa dedicata al Crocefisso, le Terme e la Villa di Varrone costruite sulle sponde del Rapido, in parte utilizzati per costruire una chiesa e ridotti infine a casa colonica. Si tratta di un complesso molto esteso, assai danneggiato nel tempo, ma sopravvissuto nei rilievi cinquecenteschi del Sangallo.

L’acropoli sorgeva sulla vetta di Montecassino, nel luogo oggi occupato dal Monastero. Fortificata da due cinte murarie con una linea di mura che scende a valli incontro alle fortificazioni della città, l’acropoli aveva doppia funzione: militari e politica. La cinta ancora in sito, presenta un grande muro composto da pesanti massi lavorati per farli combaciare senza l’uso di malta. Solo dopo le distruzioni della seconda guerra si è riusciti trovare i siti esatti delle costruzioni precedenti e si è potuto individuare le chiese erette e i basamenti dei templi pagani.

Attorno alla città sorgeva una rete di piccoli pagi, uno dei quali sul luogo ove sorge la frazione di Sant’Angelo in Theodice.

Il territorio cassinate produceva un famoso olio, ricordato da Macrobio: la conferma ci viene dalla documentata esistenza di un’apposita associazione dei lavoranti dell’olio. Anche Catone menziona alcune tecniche dell’agricoltura cassinate. Era molto praticato l’allevamento. Cestari e funari trovavano nelle piante lacustri la materia prima per la loro attività.

Fra le persone più in vista della Cassino antica viene ricordata Ummidia Quadratilla, sia perché appartenente alla famiglia più importante della città, sia per aver donato al luogo natìo un tempio ed un anfiteatro. Ummidia è menzionata da Plinio il Giovane che ricorda il suo carattere virile, la sua corporatura “tarchiata e robusta”, e la grande ricchezza.

Secondo una tradizione leggendaria, il cristianesimo fu predicato dallo stesso San Pietro che, sbarcato dall’Oriente, diffuse la nuova religione durante il suo viaggio alla volta di Roma. Proprio per la posizione in cui giace, Cassino ospitò ben presto una comunità cristiana come ci è confermato da alcuni martiri locali che figurano sui martirologi.

Le incursioni dei popoli germanici provocarono notevoli danni alla città antica ma la totale distruzione fu opera dei longobardi di Zotone.

La città di San Benedetto

Secondo la tradizione, nell’anno 529 giunse a Cassino Benedetto da Norcia, il quale si insediò sicuramente col beneplacito del le autorità sull’acropoli, occupando le fortificazioni, demolendo i templi pagani ancora in piedi e fondando un primo monastero. Egli trovò una popolazione di contadini, ancora pagani, che viveva sparsa nei pagi della zona e si radunava sull’acropoli per adorare gli dei.

Un piccolo insediamento venne subito eretto dagli abitanti, e a esso venne dato il nome di Castellum Sancti Petri, dal nome di una chiesa locale.

La città medioevale invece di essere costruita alle pendici della collina venne edificata nella pianura, attorno all’area dell’antico foro romano i cui edifici furono riutilizzati per la costruzione di diverse chiese. Nel 797 Gisolfo fece costruire la Chiesa del Salvatore, sostituita poi da una cattedrale. Anche la chiesa cosiddetta delle Cinque Torri sorgeva in questa zona. Era eretta sopra una risorgiva: il pavimento venne rialzato ben tre volte ma, malgrado ciò, l’acqua della sorgente affiorava sotto di esso.

Stabilizzato il quadro politico dell’Italia centro-meridionale, con la formazione delle diverse signorie longobarde, la zona di Cassino era, di fatto, dipendente dal cenobio di San Benedetto. Agli abati venne concesso il governo dell’area e ben presto Cassino si trovò al centro di una vasta signoria territoriale, che comprendeva anche territori molto distanti dalla città e dall’abbazia. Per riorganizzare l’amministrazione, ma anche per far fronte alle minacce dei saraceni, dapprima autori di scorrerie, ma più tardi insediati stabilmente alle foci del Garigliano, l’abate Bertario riorganizzò la città posta ai piedi del colle. Vicino alla Chiesa del Salvatore iniziò un nuovo insediamento, Eulo gimenopoli, città di Benedetto. Nell’ottobre dell’883 la Chiesa di San Salvatore e la città vennero devastate dai saraceni, ma gli abitanti le ricostruirono in breve tempo.

Nei secoli successivi la città divenne la capitale del piccolo stato monastico, la Terra di San Benedetto. Qui era situata la corte maggiore dell’abate che amministrava il patrimonio e curava le manifatture da essa dipendenti. Qui abitava l’advocatus che curava I’ amministrazione della giustizia assieme ai giudici.

La popolazione fu sempre fermamente schierata con i monaci, partecipando alle lotte per la riforma della Chiesa, e al conflitto fra impero e papato. Per questo motivo il centro, che aveva assunto il nome di San Germano, nome che come abbiamo detto avrebbe mantenuto fino al 1863, venne fortificato e dotato di una fortezza, la Rocca Janula. Nel 1199 la città fu occupata dalle milizie imperiali che assediavano l’abbazia cassinese. Gli svevi sostituirono i normanni i quali già avevano ridotto il ruolo politico dei monaci cassinesi e, forti della loro potenza militare, più volte occuparono a mano armata San Germano. Spesse volte si combatté in tutta l’area e inevitabilmente la città fu coinvolta negli avvenimenti. Nel 1230 Federico Il e papa Gregorio VII a San Germano conclusero l’omonimo trattato di pace.

Nel 1266 a San Germano si combatté fra gli angioini invasori del regno siciliano e gli svevi di Manfredi; le truppe di Manfredi, asserragliate nell’anfiteatro, tentarono una difesa disperata.

Nel Trecento il papato ripristinò l’antico episcopato cittadino, ben presto soppresso per le continue controversie con i monaci.

La città di San Germano intrattenne rapporti molto complessi con i monaci benedettini; da un lato essi rappresentavano la fortuna di una parte della popolazione, dall’altra possedendo il potere civile erano i rappresentanti di un sistema a volte poco accetto. Nel 1521 si ebbe una violenta rivolta dei sangermanesi contro la badia: i cittadini attaccarono lo stesso monastero e lo saccheggiarono per tre giorni. Solo nel 1669 la giurisdizione criminale venne riacquistata dai monaci i quali continuarono a detenere il controllo politico della città. Furono essi infatti a mutare l’antico regime assembleare in quello dei consigli, costituendo un consiglio “dei cinquanta deputati” al posto delle assemblee popolari. Nei 1527 la peste produsse gravi perdite alla popolazione del cassinate ed alla città capoluogo. I secoli dell’età moderna passarono senza grandi avvenimenti. Dopo essere stato il luogo di concentramento delle truppe napoletane, raccolte per invadere lo stato romano e far cadere la repubblica romana, San Germano fu occupata dai francesi che avanzarono verso Napoli. Anche a Cassino si costituì un regime filo francese, formato da elementi locali. Al momento della caduta della repubblica napoletana, i francesi fuggirono da Napoli devastando tutte le località che si opponevano alla fuga; fra queste c’era San Germano (con Montecassino), città che aveva ospitato bande di ribelli anti francesi e filoborbonici.

La storia ottocentesca della città si riassume in poche ma essenziali notizie. Il 23 maggio 1863 il consiglio comunale di San Germano decise di tornare all’antico nome di Cassino. Se per tutto il periodo borbonico non ci furono grandi novità, con l’unità italiana, ben vista da moltissimi, in particolare dai borghesi, andò crescendo il fenomeno del brigantaggio che portò al presidio della città da parte di reparti dell’esercito italiano. Si progettò intanto la bonifica integrale del territorio anche perché la stessa città era spesso minacciata dalle inondazioni e circondata da zone malsane e paludose. Diversi quartieri erano decadenti: soltanto le distruzioni belliche della seconda guerra mondiale li avrebbero fatti sparire. Cassino divenne uno dei principali centri della provincia di Caserta (nella quale rimase inquadrata fino al 1927) aumentando la popolazione che, dai 5000 abitanti del 1824, giunse ai circa 13.000 di fine secolo. Nel 1863, appena dopo l’unità, fu costruita passando anche per Cassino la ferrovia Roma-Napoli, che fino al Novecento fu la linea principale tra l’Italia centrale e il Meridione.

All’inizio del XX secolo si cominciò a emigrare mentre l’attività politica usciva dalle lotte puramente locali per organizzare gruppi facenti capo ai partiti nazionali. Poi i vent’anni del fascismo. Durante la seconda guerra mondiale riprese l’attività clandestina dei partiti e dopo l’8 settembre 1943 il cassinate fu presente nella Resistenza.

Il grande avvenimento storico della guerra a Cassino fu la battaglia che dalla città prese il nome. Cassino ne uscì del tutto distrutta, con la popolazione dispersa e un’economia inesistente. Ebbe per le sofferenze della sua gente la medaglia d’oro al valor civile. Nel territorio del comune sorgono i cimiteri di guerra polacco, inglese e tedesco, tragica testimonianza degli eserciti che per mesi si affrontarono intorno all’acropoli benedettina, tra le montagne che ostacolavano l’accesso a Roma.

Il dopoguerra fu durissimo. Ricomparve la malaria. Mancavano alloggi, vitto e lavoro. Ovunque bombe e macerie. A favore del cassinate e di Cassino si mobilità anche la solidarietà degli italiani: si aprirono ovunque sottoscrizioni e nell’italia settentrionale vennero ospitati numerosi bambini che, dopo mesi, tornarono a casa con impresso il senso di una tangibile solidarietà umana. Poi, progressivamente, si cominciò a ricostruire: alloggi, servizi, aziende. La città sorse secondo un piano razionale, lungo il percorso della Casilina e con nuovi criteri di ortogonalità delle strade. Lentamente, faticosamente la ricostruzione si avviò. Dagli anni Sessanta fu un susseguirsi di insediamenti edilizi che fecero dell’area industriale cassinate una delle principali del sud, anche grazie all’arrivo della Fiat a Piedimonte. Da questo momento la città affrontò i tipici problemi della rapida crescita: si costruirono nuovi quartieri, si ampliarono i servizi, nacquero nuove attività economiche, si diede vita ad iniziative molteplici.

 

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