Nel 702 Sora, conquistata da Gisulfo, duca
di Benevento, dal dominio bizantino passò a quello longobardo e fu
quindi governata da “gastaldi”. Il gastaldato di Sora comprendeva allora
sia Aquinurn che Casinum. Nell’856, si delinearono gravi contrasti fra i
principi longobardi; Landolfo I, gastaldo di Sora, si ribellò infatti ad
Ademario, principe di Salerno. Costui chiamò allora in soccorso Guido di
Spoleto al quale, per l’aiuto ricevuto, trasferì Sora e altri paesi.
Successivamente, contro i Saraceni, che si
dimostravano sempre più pericolosi per il Lazio meridionale, si diresse
con il suo esercito l’imperatore Ludovico, che nella marcia di
trasferimento passò per Sora. Dopo essersi attestati per circa quarant’anni
nel ribat del Garigliano, i Saraceni furono sconfitti da un
esercito bizantino. Un ultimo loro gruppo si era rifugiato a San Biagio
Saracinisco, ma fu affrontato ed annientato proprio dai Sorani.
Una nuova minaccia fu costituita nel 938
dagli Ungari, che saccheggiarono Sora, ma subito dopo furono sgominati
dai Conti della Marsica, che da allora estesero la loro influenza sul
Sorano e sulla Vai Comino.
Nel 970 Ildebrando, figlio di Rachisio,
gastaldo di Sora, risulta conte di questa città e di Vicalvi. A lui
successero: Teutone, Pietro I, Raineri e quindi Pietro Il, che fu
Signore di Sora e di Arpino, la cui sposa Donna Doda era figlia del
defunto conte Oderisio dei Marsi. A Pietro II seguì Gerardo, al potere
sino a quando la zona fu occupata dai Normanni; dopo l’effimero recupero
della città da parte dei figli di Gerardo, i Normanni tornarono
all’attacco e il 15 agosto 1103 Sora fu incendiata “con le sue sette
chiese” da Ruggero I duca di Puglia. Nel 1156, però, contro Simone
prefetto di Sora scoppiò una sommossa, ma per ordine del re di Sicilia,
Guglielmo il Malo, si ristabilì la situazione precedente.
Trenta anni dopo, in un Catalogo di soldati
da mettere a disposizione per una spedizione in Terra Santa, Sora
risulta “demanio regio” e per questo motivo non ha Baroni.
Nel quadro dei contrasti fra Impero e
Papato, il tedesco Corrado di Marlenheim, fedele di Enrico VI, si
fortificò in Sora. Essendo fallito, contro di lui, un primo tentativo di
attacco dell’esercito pontificio, intervennero l’Abate di Montecassino
Roffredo e i Signori di Aquino che, con una seconda spedizione,
penetrarono nella città e costrinsero alla resa Corrado che si era
asserragliato sul Monte San Casto, nella Rocca Sorella. Il 18 giugno del
1208, il papa Innocenzo, a conclusione di questi avvenimenti, investiva
della contea sorana il fratello Riccardo.
Nel Privilegiurn Innocenti III de libertate
Sancti Dominici de Sora del 1205, si cita una serie di diversi eremi e
chiese (in parte oggi scomparse), che si riferivano a Sora e al suo
territorio: le chiese di Sant’Angelo, San Silvestro, Sant’Elia, San
Giacomo, San Pietro de Canapinula, San Pietro de Caprirelo, San Giorgio,
San Nicola e gli eremi di Sette Fonti, di Santa Maria e di San Leonardo.
Oltre ai luoghi di culto, si citavano “in Sora” un mulino, “unum
Montanum” (per l’olio), trentacinque “rnansiones” e la località Cancelli
(attualmente urbana).
La situazione di pace e di sviluppo che
intravediamo nella documentazione in nostro possesso, venne sconvolta
dai gravi avvenimenti che seguirono. Nella città si fronteggiavano ormai
le fazioni dei guelfi e dei ghibellini; furono questi ultimi che nel
1221 con una rivolta misero fine alla signoria papale, ma mentre
Federico II era in Terra Santa, la c.d. “milizia di Cristo” rioccupò la
Terra di Lavoro. Un esercito, guidato dal Capitano Generale Tommaso di
Aquino, conte di Acerra, per ordine dell’Imperatore, investì allora
Sora, che il 28 ottobre 1229 venne completamente distrutta, mentre gli
abitanti superstiti si rifugiavano nei paesi vicini.
Dopo la terribile punizione, la
ricostruzione fu lenta ed ebbe inoltre una battuta di arresto nel 1252,
quando Sora, che si era schierata ancora dalla parte dei pontefici, in
occasione delle lotte fra Innocenzo IV e Corrado IV, fu saccheggiata
dagli imperiali.
Affermatasi, con la definitiva sconfitta
degli Svevi, la dinastia angioina, nel 1269 il Re Carlo I d’Angiò
dispose che la Rocca Sorella avesse un castellano milite con 30
inservienti; inoltre, nello stesso anno, la custodia dei passi che dalla
terra di Sant’Anastasia giungeva sino a Sora, veniva affidata al milite
Ludovico Monti. Nel 1292 Sora veniva confermata città regia con un
privilegio di Carlo II d’Angiò, nel quale, in seguito alle rimostranze
della popolazione, si toglieva al provenzale Jacques de Bourson la città
a lui precedentemente concessa.
Negli elenchi di contribuzioni (“decime”)
dovute per gli anni 1308-1310, compaiono, oltre alla ‘Mensa episcopatus
sorani”, molte chiese sorane e del circondano, diverse delle quali
attualmente non più esistenti. Per il catastrofico terremoto del 1349,
che tanti danni procurò al Lazio meridionale, molti edifici crollarono
nella città.
Nel 1355, il conte Landau, dopo che si erano
accese le ostilità fra il re Luigi d’Ungheria e Carlo di Durazzo, assalì
Sora, ma venne duramente respinto. Alla fine del secolo (1399), il
fratello del papa Bonifacio VIII, Giovanni Tomacelli, fu nominato conte
di Sora dal re Ladislao. Nel 1439, per un matrimonio politico, diveniva
conte di Sora Nicolò Cantelmo, che quattro anni dopo fu creato duca di
Sora da Alfonso I. Alla sua morte, successe come erede Pietro Giampaolo,
che partecipò poi alla Congiura dei Baroni, a favore degli Angioini. Nel
1460, tuttavia, dopo alterne vicende, egli fu assalito e sconfitto a
Castelluccio dall’esercito papalino, fautore del re Ferdinando I
d’Aragona. Pietro Giampaolo riprese ancora le armi, ma dopo l’attacco di
Napoleone Orsini ad Isola del Liri, egli dovette arrendersi, perdendo
così il Ducato.
Per alcuni anni i suoi possessi rimasero a
disposizione della Chiesa, ma nel 1472 Sisto IV rinunziò ai suoi diritti
sul Ducato di Sora, che il re Ferdinando concesse a Leonardo della
Rovere, nipote dello stesso Pontefice. |