Roccasecca

 

Provincia di Frosinone, abitanti 7.532, superficie Kmq 42,95, altitudine m. 205

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ROCCASECCA

Dirute Chiese di san Pietro a Campea e San Vito sul Melfa

Si tratta di due chiese medievali che ebbero una loro importanza, tanto che adiacenti ad esse sorsero due piccoli conventi benedettini. Ambedue le chiese sorsero sui resti di antiche costruzioni romane, la Villa di Giovenale a Campea e forse un santuario pagano a San Vito.

Della chiesa di San Pietro a Campea, oggi, restano poche mura in piedi e il pavimento ricoperto di macerie. Un ciuffo di edera cerca di rendere meno macabro lo spettacolo di distruzione bellica e di incuria civica. La posizione topogeografica è meravigliosa, su balze erbose spalleggiate dal verde intenso di una vasta zona boscosa, ad altitudine collinare dominante la piana di Roccasecca e di Aquino e l’intera Media Valle del Liri. Ben si adattavano, su questa posizione, una villa romana, un tempio cristiano e un convento benedettino.

La villa romana di Giunio Decimo Giovenale sorgeva lungo quella fascia pedemontana, a monte della via Latina, in cui molti patrizi romani amavano risiedere per godere i propri hotia, come Quinto Cicerone ad Arcanuin, cioè Arce, e la gens equitia ad Euchelia, cioè a Palazzolo di Castrocielo. Nel Settecento, sul posto della villa, venne ritrovata una iscrizione di Giovenale, che ce ne garantisce l’esistenza e l’ubicazione. Oggi si notano pochi resti di mura di contenimento. Qui era il regno di Cerere e Diana per Giovenale. In realtà era posto molto favorevole per l’agricoltura, protetta dalla dea Cerere, e, per la caccia, protetta da Diana. E così è rimasto, per sempre fino a noi, quel luogo in cui prosperano il frumento, l’ulivo e la vite e in cui abbonda la selvaggina. I cacciatori ci vanno ancora per tordi, beccacce, cinghiali e lepri. La villa di Giovenale a Campea si fa risalire al I secolo dopo Cristo. L'epigrafe è riportata dal Mommsen, nel suo Corpus inscriptionum latinarum. Nella prima parte dell’epigrafe, andata perduta, si poteva leggere: Cereri sacrum D. Iunius luvenalis trib. coh. Delmatarum lI quinq. Flamen Divi Vespasiani vovit dedicavitque sua pec. E cioè: Decimo Giunio Giovenale, tribuno della coorte dalmata, duonviro quinquenrìale, sacerdote del divino Vespasiano, consacrò e dedicò questo luogo sacro a Cerere, a proprie spese.

Del convento di San Pietro si parla nelle Rationes decimarum Italiae. La data di costruzione può essere collocata nell’anno mille. Nel secolo XIV il convento si trova menzionato per i tributi che doveva all’Abbazia di Montecassino e per implicazioni di donazioni e vendita da parte di Giovanni de Apia da Castro Cielo e di Suor Gemma badessa del convento di Santa Maria a Palazzolo. Il convento fu soppresso da papa Clemente VIII nel 1605. Migliore sorte è toccata all’annessa chiesa, in cui la gente del posto è andata a messa fino alla seconda guerra mondiale, che causò il crollo del tetto.

La Chiesa di San Pietro a Campea era impreziosita da affreschi, di cui si conservano tratti nella Chiesa di San Tommaso a Castello. Tra le pitture salvate possiamo ammirare la figura di San Pietro con aureola e chiavi, San Michele Arcangelo con la bilancia su cui è posta un’anima da sottoporre a giudizio, altri santi e devoti donatori, un San Giovanni Battista e un Cristo. Le pitture rivelano nell’autore un artista abbastanza raffinato e colto, in qualche modo influenzato dall’arte bizantina. Vanno riportate al periodo della cultura benedettina che fiorì sotto l’abate Desiderio, nella seconda metà dell’XI secolo.

La Chiesa di san Vito sul Melfa si trova nella campagna di Roccasecca, lì dove oggi l’Autostrada del Sole attraversa il Melfa su gran di piloni di cemento e dove c’era un ponte romano, di cui si possono osservare i resti ancora oggi. Sul sito forse c’era un tempio pagano, in epoca romana. L’esistenza della chiesa è attestata da due donazioni, una del 1042 e l’altra del 1046. Il convento annesso fu abbandonato nel 1270, mentre la chiesa continuava ad essere aperta al culto e, nel 1595, fu assegnata alla mensa vescovile di Aquino.

Oggi la Chiesa di San Vito è in abbandono, ma meriterebbe di essere bonificata e restaurata, se non altro come deposito del materiale archeologico sparso nella zona.

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