La Storia
Il nome sembra che abbia avuto origine dall’uccello
chiamato pica, anche se molti vorrebbero richiamarsi all’omonimo dio latino dei
boschi. Per molto tempo venne chiamato anche Lupico.
La storia di questo centro, che sembra
antichissimo, in realtà ha origine documentate solo nel Medioevo: sappiamo con
certezza che è stato fondato dopo il 1049 da Giovanni Scinto, uno dei signori di
Aquino. Il castello venne qui eretto perché vi passa una delle vie trasversali
per la Marittima: si tratta di una strada che già anticamente collegava Gaeta
con Avezzano e la Casilina con l’Appia, attraverso i monti Ausoni. Gli
avvenimenti successivi alla fondazione sono noti: il castello, appartenuto alla
circoscrizione di Pontecorvo, è passato più volte di mano dai signori di Fondi
ai monaci di Montecassino. Un monastero dedicato a San Nicola, oggi scomparso,
venne consacrato nel 1087 da papa Vittore III, presenti numerosi cardinali.
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Abitanti:
Picani
Festa
patronale: Sant' Antonio
Frazioni e
Località:
Colle Ponte.
Comuni
limitrofi: Pontecorvo, Campodimele, Lenola, Pastena, San
Giovanni Incarico.
Distanza da
Frosinone Km. 35
Autostrada:
A1 Ceparano |
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Si sa ancora di un assedio da parte di truppe
cassinesi in occasione di una rivolta fomentata da Riccardo signore di
Pico. Nel Trecento il castello raggiunse una propria organizzazione
comunale e doveva avere una certa consistenza, se annoverava una decina di
chiese e doveva fornire quattro soldati. Distaccatosi definitivamente da
Pontecorvo, passando sotto la signoria prima dei d’Aquino e poi dei
Montenegro e degli Spinelli, ne seguì le sorti quando quest’ultimi furono
coinvolti nelle guerre contro gli aragonesi. Dagli Spinelli passò ai della
Rovere, e ai Farnese, dai quali, per un breve periodo prese il nome.
Questa dinastia ha ricostruito il castello e promulgato nuovi statuti.
Durante il Settecento il patrimonio feudale venne liquidato a favore di
famiglie borghesi locali e nel 1734 il feudo passò alla camera regia. Nel
1802 Pico fu insignito del titolo di città dal re di Napoli e con
l’unificazione entrò nel regno italiano. Coinvolto pesantemente negli
avvenimenti politici, culminati negli episodi del brigantaggio tra la fine
del Settecento e la Restaurazione, Pico si trovò al centro delle vicende
dei briganti antiunitari anche dopo il 1860. Dopo l’unificazione Pico fu
toccato da una ventata di modernizzazione che continua ancor oggi anche se
l’emigrazione è stata molto alta. Durante la seconda guerra mondiale sulle
montagne del paese si rifugiò un gran numero di sfollati dal cassinate, il
borgo venne sgomberato e la popolazione deportata in altri luoghi. Il
passaggio delle truppe causò seri danni e atti di violenza vennero
compiuti contro gli abitanti. Dopo la guerra, malgrado il tentativo di
ripresa, parte della popolazione emigrò e molti si diressero verso la
Svizzera.
Pico è dominato dalle rovine del Castello
Farnese da cui si gode un vasto panorama: ormai è quasi del tutto
distrutto e si notano solo alcuni torrioni sui quali svetta una torre con
orologio di costruzione rinascimentale. Una parte del maniero è stata
destinata a parco pubblico. Dall’altro lato della sommità si eleva la
settecentesca Parrocchiale di Sant’Antonino, con una facciata
caratterizzata da lesene in pietra locale. Un’altra chiesa eretta nel
borgo è quella di Santa Marina, più antica della parrocchiale, abbastanza
ben conservata con elementi decorativi romanici: un bel portale laterale e
un tozzo campanile. Nel Centro storico, a cui è aggiunto un quartiere
lungo la strada per Pastena, ci sono alcuni bei palazzetti ottocenteschi
con portali lapidei e stemmi: fra questi spicca il Palazzo, casa natale
dello scrittore Tommaso Landolfi. Diverse sono le case dirute e spopolate
del centro storico, soggetto a ristrutturazione nelle sue aree sommitali
con una nuova pavimentazione ed il rifacimento di abitazioni e di qualche
palazzetto. Scendendo per le viuzze ed i vicoli, si perviene alla porta
dabbasso, fuori della quale si erge una graziosa chiesetta. La grande
porta rinchiude la parte più vecchia del paese e vicino vi sorge un bel
palazzo con ancora i segni della seconda guerra mondiale. Le strade del
paese sono poste a raggiera e sembra che l’antico borgo fosse costituito
da tre cerchie murarie oltre al castello sommitale.
Tramontata da tempo l’economia tradizionale
della pastorizia, l’attività principale rimane l’agricoltura, che è
fiorente ma rivolta prevalentemente all’autoconsumo. Buona parte della
popolazione attiva lavora nelle fabbriche delle aree industriali di
Ceprano e soprattutto presso la Fiat di Cassino. |