Isola del Liri

 

Provincia di Frosinone, abitanti 13.038, superficie Kmq 15,95, altitudine m.220

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COMUNI

La Storia

Il comune di Isola del Liri è situato nella media valle del Liri, nelle vicinanze di Sora. Deve il suo nome al fatto che è sorto sopra un’isola formata dal fiume Liri. Il nome del primo insediamento medioevale era Insula fihiorum Petri, cioè isola dei signori del luogo, i figli di Pietro; in seguito il toponimo divenne Isola di Sora. Solo il 22 maggio 1869 la cittadina assunse l’attuale denominazione.

Nel territorio comunale di Isola sono stati rinvenuti resti preistorici, una necropoli volsca e un abitato volsco-romano sul colle San Sebastiano che probabilmente era un posto di transito sulla direttrice Sora Casamari. Ai margini del territorio isolano si trova l’Abbazia di San Domenico, dove sorgeva un grande sepolcreto di origine romana, mentre altre tombe, sempre di epoca romana, si trovano sparse lungo quello che doveva essere un antico percorso. Nell’antichità il territorio isolano apparteneva al municipio di Arpino, e forse entro i suoi attuali confini stavano le proprietà di Cicerone.

 

Abitanti: Isolani

Festa patronale:Madonna di Loreto.

Frazioni e Località: Capitino, Carnello, San Domenico, Selva.

Comuni limitrofi: Arpino, Castelliri, Sora.

Distanza da Frosinone Km. 24

Autostrada: A1 Frosinone - Ceprano.

La più antica menzione di un insediamento risale al 1043, quando un abitato compare nel circondano di Sora, designato con l’importante denominazione di civitas Insulae. Nel periodo normanno, divenne probabilmente proprietà diretta del vescovo sorano. Nel corso delle lotte con i predoni del sud l’insediamento venne acquisendo la struttura di castello, nel quadro della militarizzazione del territorio avvenuta a quel tempo. Solo dopo la metà del XII secolo l’agglomerato divenne possedimento di quei signori che dettero il loro nome al paese. Questa famiglia, che aveva l’obbligo di partecipare all’esercito regio con una comitiva di quattro milites e dieci servienti, salì alle più alte vette del potere quando un suo membro, Roffredo dell’Isola, diventò abate di Montecassino. I possedimenti signorili di Roffredo, che aveva giurato fedeltà a Enrico VI, vennero coinvolti nelle lotte di successione degli Altavilla e in quelle tra impero e papato. Con lo scopo di raggiungere l’equilibrio dei poteri del Lazio meridionale, la contea di Sora, di cui Isola faceva parte, fu infeudata al fratello del papa, Riccardo conte di Segni. Ma i dell’Isola tornarono presto nel feudo avito entro i cui confini — più esattamente intorno all’Abbazia di San Domenico — già all’inizio del secolo XIII, esisteva una fabbrica di pannilana.

Isola fu coinvolta nelle lotte fra papato ed impero ai tempi di Federico II (il castello venne dato alle fiamme) e in quelli di Manfredi. Nell’ordinamento stabilito da Carlo d’Angiò il castello di Isola era comandato da un contergius, un ufficiale intermedio, per cui si ritiene che le fortificazioni locali fossero modeste e che solo in seguito l’insediamento venisse difeso da opere più rilevanti. Con gli Angiò, nella zona si insediarono diversi cavalieri francesi: fra questi Robert de Brienson acquistò i diritti posseduti dai dell’Isola. In seguito Isola ebbe come signori gli Etendard, gli Stella e i da Celano. Alla metà del Trecento la documentazione storica ci informa dell’esistenza di cartiere in funzione nella zona, senza precisarne l’esatta ubicazione.

Il feudo rimase ai Celano fino alla metà del Quattrocento quando passò nelle mani dei Cantelmo, signori di Alvito. Per la ribellione di Giampaolo Cantelmo a Ferrante Aragona, il sorano e la valle cominese vennero attaccati; nel 1463 Napoleone Orsini, condottiero papale, investì Isola. Dopo aver devastato il territorio, assalì il castello, abbatté con le artiglierie la torre maggiore, riuscendo così ad occupare l’abitato. Giampaolo Cantelmo, sconfitto, perse tutto; il feudo passò ai della Rovere. Giovanni della Rovere, a sua volta, promotore di un patto, stipulato proprio ad Isola dentro la rocca il 5 ago sto 1496, si ribellò a Ferdinando Il d’Aragona. Anche durante questo conflitto il castello fu espugnato, ma la famiglia conservò il feudo fino al 1516. Dopo averlo perso, i della Rovere se ne impossessarono nuovamente nel 1533, mantenendolo fino al 1580, anno in cui Giacomo Boncompagni acquistò tutto il ducato di Sora.

I Boncompagni si inserirono in un momento economicamente favorevole poiché sin dall’inizio del Cinquecento la costruzione di cartiere aveva dato il via a un processo di “industrializzazione” della zona; è però probabile che già in precedenza vi fossero delle gualchiere per la lavorazione di panni e forse una fernera e un impianto per la lavorazione del cuoio. Lo sfruttamento dell’acqua, come forza motrice e di lavorazione, non avveniva solo lungo il fiume ma anche attraverso la costruzione delle “forme”, ovvero canali di adduzione. In quegli anni cominciò una lenta trasformazione dell’intero territorio che venne solcato da una rete di canali, alcuni dei quali ancora in uso.

I Boncompagni incentivarono le possibilità economiche presenti nel loro feudo, introducendo anche la lavorazione della lana “alla fiorentina”, acquistando una cartiera con valca a Carnello, e privilegiando il piccolo castello di Isola che diventò la loro abituale residenza. Per questo motivo la rocca fu trasformata in palazzo, le stanze decorate con affreschi e stucchi. Il duca, amando circondarsi di letterati e artisti, fece adattare alcuni ambienti dell’edificio a teatro per spettacoli di corte. Le cure per lo sviluppo dell’economia del feudo continuarono fino al Settecento quando i Boncompagni, fondendosi con i Ludovisi, divennero i signori dello stato di Piombino e si disinteressarono progressivamente dei loro possessi sorani. Malgrado questo i Boncompagni furono gli artefici di molte opere meritorie: la creazione di una ricca biblioteca ducale nel Palazzo di Isola, i lavori alla Chiesa di San Lorenzo, la costruzione di vari edifici, di una cartiera, una valca, un ponte, una peschiera, un casino sul colle San Sebastiano e due ponti levatoi sulle cascate. Infine, a loro si deve l’istituzione di una rameria e l’introduzione della lavorazione della seta.

L’Ottocento e il Novecento

I Boncompagni cedettero il feudo alla camera regia napoletana alla fine del Settecento non appena si diffusero i timori della rivoluzione francese. Gli avvenimenti connessi alle conquiste napoleoniche furono tragici per Isola. Il 12 maggio 1799 l’armata francese che si ritirava da Napoli, non potendo passare liberamente per la città occupata dalle bande sanfediste, la espugnò massacrando oltre 500 persone. Per il paese fu un colpo mortale. La successiva occupazione francese fu invece portatrice di un profondo sviluppo industriale, poiché moltissimi francesi, a cominciare da Beranger, seguito dai Lefevre, Lambert, Courrier, Boimond, presero in gestione le cartiere locali, ne divennero poi proprietari e incrementarono una modernissima industrializzazione. Sotto il regime murattiano furono realizzate diverse riforme politiche, come la trasformazione delle assemblee locali e un nuovo ordinamento dei municipi, istituti che favorirono poi l’ascesa della borghesia. I Borboni incentivarono in tutta l’area lo sviluppo industriale comprendente cartiere, lanifici, feltrifici, filanda fonderie e tintorie. Durante il Risorgmento si distinse per impegno e partecpazione lo scienziato isolano Giustiniano Nicolucci, uno dei più celebri antropologi dell’Ottocento.

Isola durante la seconda metà dell’Ottocento superava i 5000 abitanti e, malgrado le possibilità locali di occupazione non era esente dalla piaga dell’emigrazione. Con la nuova Italia si verificò un forte processo di ammodernamento delle strutture, richiesto dall’esistenza di una rete industriale che rimaneva estesa nonostante la contrazione determinata dall’unificazione del mercato peninsulare. Si costruirono strade locali, d’interesse provinciale e nazionale e si realizzò lo sfruttamento idrico per produrre energia elettrica.

Nel corso dell’Ottocento ad Isola del Liri si venne a formare un compatto nucleo di organizzazione operaia, l’unico esistente nella regione laziale fino alla più recente industrializzazione. Questa presenza influì in modo determinante sulla cittadina che vide sorgere molto presto, rispetto ai comuni vicini, organizzazioni sindacali, partiti, associazioni.

Gravi danni furono apportati all’intero paese dal terremoto del gennaio 1915 che causò la distruzione dei piani superiori di moltissime abitazioni, danni alle fabbriche e 53 morti.

Negli anni successivi al primo dopoguerra si verificò un rallentamento dell’espansione economica con una certa stasi nella produzione e nell’occupazione.

Durante la seconda guerra mondiale la città fu seriamente danneggiata dai bombardamenti alleati e la maggioranza delle fabbriche non colpite furono distrutte dalle mine tedesche.

Nel dopoguerra, a causa della mancata riorganizzazione industriale, gran parte della popolazione si dedicò ad attività di fortuna pur di superare la grave crisi. La piena ripresa economica si realizzò solo negli anni Cinquanta. Dal dopoguerra il movimento operaio costituì uno dei motivi principali della vita di Isola del Liri che per questa presenza si distinse dagli altri comuni del Lazio meridionale.

Attualmente Isola del Liri è un grande insediamento diffuso ma il centro storico ha ancora una funzione importante. Attorno all’isola si è venuto a costituire un vasto agglomerato che a sud-ovest, in direzione di Arpino e Castelliri, è recente mentre ad est, in direzione di Sora è sorto a seguito dell’industrializzazione avvenuta nel Novecento.

Il vecchio centro storico, sorto sull’isola ovale, appare attualmente molto danneggiato dal terremoto del 1984 ed in gran parte abbandonato; solo lungo la statale molti edifici sono stati rinnovati. Il sito fu visitato nel 1859 dal Gregorovius che lo definì “affabile paesello” circondato da verdi boschetti. Nel complesso, la cittadina non mostra opere rilevanti sul piano artistico ed architettonico; degni di menzione appaiono solo la Chiesa di San Lorenzo, qualche edificio, il Palazzo, già castello, Boncompagni-Viscogliosi e alcune cartiere, ultimi resti di un’industrializzazione antica oggi considerati alla stregua di reperti archeologici.

La Chiesa di San Lorenzo ha origini antiche, sembra risalenti all’XI secolo, ma l’attuale edificio è settecentesco: ad unica navata con sei cappelle laterali, il transetto è sormontato da una grande cupola, la decorazione degli interni è barocca; l’architettura del complesso è ispirata al la Chiesa di Sant’Andrea della Valle di Roma; sulla facciata sono poste le statue dei santi Pietro e Paolo. L’unica opera d’arte notevole era un dipinto del Lanfranchi, andato distrutto durante un incendio nel 1920. Il campanile è interessante perché dalla base quadra si eleva una snella cuspide piramidale, il recente portale è in bronzo.

Nella Parrocchiale di Santa Maria dei Fiori si conserva un affresco molto venerato nei tempi passati.

Tra gli edifici interessanti vi è il Palazzo Mazzetti Galante nel cui muro di recinzione è inserita un’epigrafe romana e sistemato un cippo funerario a “pigna”. Sull’isolotto Courrier è costruito il Palazzo Mancini, attiguo alla cartiera della stessa famiglia. La costruzione è posta al centro di un complesso a ferro di cavallo la cui parte posteriore è adibita a fabbrica. Il Palazzo dei Boncompagni, poi passato in mano a diversi proprietari, sorge nella parte superiore dell’isola, su quel banco di roccia che divide il Liri in due braccia. Il castello è adiacente alla cascata poiché sorge sul travertino che sbarra il piano corso delle acque costringendole a precipitare a valle. L’edificio si presenta come un grande complesso che domina la cittadina, in apparenza quadrato e massiccio, ma da tempo privo delle torri. In realtà è un insieme di corpi che formano un labirinto comprendente vastissimi sotterranei, bracci di fabbricato uniti attorno ad un cortile; all’esterno, si trova un vasto giardino all’italiana ed il parco della Villa Correa. L’edificio si affaccia sulla sponda del fiume, sui salti della cascata, anzi li domina e li sorveglia dall’alto. Dei nobili possessori rimangono alcuni stemmi ed un ciclo di affreschi voluto dal Boncompagni, raffiguranti scene bibliche ambientate nel paesaggio di Isola del Liri: si identificano molto bene le due cascate. In altri saloni si conservano stucchi seicenteschi rappresentanti quasi tutti i paesi del ducato sorano dei Boncompagni. In più luoghi si osservano stemmi delle famiglie imparentate con i signori di Isola. In tempi passati, in particolare nell’Ottocento, l’edificio fu adibito a fabbrica e venne costruito il ponte dalla parte del Valcatoio.

Per entrare nel castello dall’ingresso principale occorre attraversare il ponte che supera la cascata grande.

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