Con la restaurazione pontificia la burocrazia
frusinate venne potenziata. A Frosinone ebbe sede il delegato apostolico (il
prelato capo della provincia) con gli uffici centrali, la sua piccola corte,
il tribunale superiore provinciale, le carceri e gli uffici della polizia.
Il delegato, ormai, era a capo dell’intera provincia in quanto i feudatari
avevano rinunciato a tutti i loro poteri passandoli allo stato. Il
potenziamento degli uffici comportò un certo incremento d’impiegati.
Inoltre, negli anni successivi al regime napoleonico il brigantaggio aveva
acquisito nuovo vigore costringendo le autorità ad ampliare le forze
militari e di polizia. Di conseguenza si ebbe un’ulteriore crescita della
popolazione e un’espansione delle attività locali. Frosinone divenne sempre
più il punto di riferimento dell’intera provincia. Eppure, malgrado
Frosinone contasse sei quartieri e quasi diecimila abitanti, nel 1859
appariva allo storico tedesco Gregorovius “meschina e mal costruita”.
Solamente dopo l’unificazione nazionale, infatti, si provvide a un
rinnovamento edilizio e a un abbellimento architettonico dell’abitato, come
testimoniano i pochi residui palazzi dell’attuale centro storico, che
appunto presentano edifici tardo ottocenteschi e umbertini.
Precedentemente si erano costruite alcune strade
per migliorare la viabiità del piccolo borgo che all’inizio dell’Ottocento
era ancora rinchiuso dentro le sue mura. Solo nel primo Ottocento si
organizzò per opera del comune una più completa rete d’istruzione con scuole
anche femminili. Nel 1816 venne stampato il primo libro sulla storia
frusinate, opera del De Mattheis, mentre il sacerdote Pietro Pellissieri,
memore di Antonio Batta, compilò un poemetto sulla città. Ma furono i due
fratelli Maccari, Giambattista e Giuseppe, a segnalarsi sul piano culturale
come delicati poeti classicisti.
Frosinone partecipò attivamente alle vicende
risorgimentali: oltre ad avere dato i natali a Luigi Angeloni e Nicola
Ricciotti, come abbiamo già detto, la città fu sede dell’attività
clandestina di carbonari e patrioti che nel 1848 imposero l’adesione alla
repubblica romana. Da Frosinone partì, per partecipare alla prima guerra di
indipendenza, il battaglione campano, guidato dal frusinate Guglielmi. La
maggior parte della popolazione contadina, invece, rimase favorevole al
regime papale, come dimostrarono i festeggiamenti e l’appoggio dato a Pio IX.
Papa Mastai venne di nuovo festeggiato nel 1863 in occasione di un suo
viaggio in Ciociaria, del quale si conservano eccezionali immagini
fotografiche che ritraggono il pontefice in treno e la benedizione della
folla dal palazzo della delegazione di Frosinone. In quella occasione, come
accadde in molti altri centri della provincia, anche a Frosinone si inaugurò
un acquedotto per l’acqua corrente. I sentimenti filopapalini portarono i
frusinati negli anni Sessanta ad appoggiare scopertamente in diverse
occasioni i briganti borbonici e anti-unitari. Dopo il fallito tentativo
garibaldino del 1867, condotto da Nicotera sulla direttrice frusinate,
l’annessione del 1870 per Frosinone avvenne il 17 settembre, tre giorni,
quindi, prima della breccia di Porta Pia. Vi fu un certo fermento
innovativo, risoltosi però, come per tutta l’Italia, nell’ adeguamento
all’ordinamento piemontese. Si ebbe comunque un notevole incremento
demografico e un’ulteriore espansione dell’abitato: si costruirono palazzi
ed edifici nuovi e venne organizzata una rete più solida di servizi pubblici.
I partiti ingaggiarono una vivace lotta politica, animata da una diffusa
stampa locale. Nel 1910 si inaugurò il monumento a Nicola Ricciotti e ai
martiri frusinati del libero pensiero e del Risorgimento: l’opera è di
Ernesto Biondi, scultore di Morolo.
Alla fine della prima guerra mondiale Frosinone
contava oltre 12.000 abitanti, la maggior parte dei quali viveva in
campagna, in piccole borgate o in case sparse; il nucleo più consistente
risiedeva nel quartiere Ferrovia, sorto attorno alla strada ferrata. La
città era sede degli uffici della sottoprefettura, del distretto militare e
delle stazioni ferroviarie statali e vicinali. Sebbene la maggior parte
degli abitanti fosse contadina, vi era una fetta consistente di impiegati e
un numeroso gruppo di artigiani e commercianti. Questi ultimi abitavano per
lo più nel centro storico, sulle colline e nei quartieri di Santa Maria,
Sant’Antonio e piazza Giuseppe Garibaldi.
Erano sorte alcune modeste attività industriali:
mulini e pastìfici, fabbriche di sapone, liquori e calzature. Mancavano le
scuole superiori che vennero create solo nel corso degli anni Venti. La vita
pubblica si svolgeva tutta attorno all’attuale piazza della Libertà, su cui
si affacciavano i palazzi pubblici del tempo: sottoprefettura, comune e
uffici statali periferici. Nelle vicinanze si trovavano gli altri uffici
pubblici e privati. Nella piazza si svolgeva anche il mercato settimanale,
che costituiva un forte richiamo per le popolazioni dei paesi vicini. Il
centro storico era servito dalla ferrovia vicinale che da Frosinone portava
ad Alatri, Fiuggi, Palestrina e Roma. L’altra stazione ferroviaria, della
linea Roma-Napoli, si trovava a quattro chilometri dal centro.
Durante il ventennio fascista, nel quadro della
riorganizzazione amministrativa dell’Italia, il governo costituì la
provincia di Frosinone, sottraendo numerosi comuni alle due province di Roma
e Caserta. Il capoluogo venne fissato a Frosinone, già sede dal 1870
dell’omonimo circondano retto da un sottoprefetto. Si ebbe pertanto un
brusco passaggio da una realtà di scarsa portata politica, economica e
sociale a un’altra nuova che cambiò i destini della città. Si ampliarono gli
uffici esistenti, altri se ne crearono, e si potenziarono i servizi pubblici
e privati. Lo stato, inoltre, trasferì a Frosinone un folto numero di
dipendenti, particolarmente da Caserta.
Il nuovo ruolo assunto da Frosinone incentivò lo
sviluppo generale della città in termini demografici, economici e soprattutto
sociali per i nuovi servizi pubblici che si andavano creando, finanziati
dallo stato in primo luogo in campo scolastico, sanitario e commerciale. In
questo periodo sorsero gli edifici delle scuole elementari, della provincia
e della camera di commercio.
La città divenne il punto di riferimento di un
vastissimo territorio, gran parte del quale non aveva mai avuto relazioni
con essa come il cassinate e il sorano.
Durante la seconda guerra mondiale Frosinone fu
duramente colpita da 56 bombardamenti aerei alleati, che causarono
gravissimi danni all’intera città fino a raderne al suolo quasi interamente
la parte più alta, con la cattedrale e i palazzi adiacenti: quasi tutto il
ricco patrimonio artistico settecentesco venne distrutto. organismi
governativi abbandonarono la città, ritirandosi a Fiuggi in posizione
defilata. La popolazione fu costretta a rifugiarsi nei paesi vicini per
scampare ai durissimi bombardamenti e i tedeschi sacheggiarono la città
ciociara prima di abbandonarla. Nel dopoguerra l’opera di ricostruzione fu
lenta; il sindaco della liberazione, l’ex deputato Marzi, si adoperò per
fornire i primi soccorsi alla popolazione e riorganizzare e ricostruire la
città. Solo dopo molto tempo gli organi amministrativi statali ritornarono a
Frosinone. Si riedificarono il palazzo della prefettura, della banca d’italia,
dei tribunali, gli uffici finanziari e delle poste. Progressivamente, nel
corso di un ventennio Frosinone mutò del tutto la sua fisionomia: la città
si estese lungo le principali strade e si costruirono nuovi quartieri. La
popolazione si trasformò: si ridusse notevolmente il numero dei contadini (o
meno del cinque per cento della popolazione attiva), aumentarono gli
impiegati, i commercianti e gli operai, a causa mutamenti economici e
sociali. Purtroppo lo sviluppo urbano avvenne in modo caotico: esaurito ben
presto lo spazio in collina, gli edifici dilagarono nella sottostante
pianura, e anche nelle più nascoste vallette a nord-est.
Negli anni Cinquanta vi fu un forte sviluppo del
commercio e dei servizi sociali, ma fu con gli anni Sessanta che Frosinone
si trasformò completamente: la città, infatti, grazie anche alla costruzione
dell’autostrada, diventò polo industriale e commerciale e operò un
potenziamento dei servizi statali, particolarmente d scuole e uffici. Il
grattacielo Edera è considerato il simbolo di questo processo d
modernizzazione.
Negli anni Settanta, malgrado la crisi di metà
decennio, la città cresce: aumentano le fabbriche, si sviluppano ulteriormente
i servizi, nascono il conservatori Licinio Refice e l’accademia di belle arti.
Sono presenti tutti i tipi di scuole superiori. La città, sede degli uffici
provinciali e di quelli del decentramento statali e regionale, vede
potenziata la sua funzione burocratica. Si cerca di dare risposte ai
problemi del traffico, uno dei più gravi, con la costruzione della
“direttissima”, una strada costruita mediante un grande viadotto che collega
la parte bassa alle zone del colle. Nel corso degli anni Ottanta, a seguito
della riforma delle diocesi, Frosinone diventa anche sede episcopale e
riunisce quelle antichissime di Veroli-Frosinone e Ferentino. Già da tempo è
sorto un modernissimo Palazzo vescovile in una zona nuova, lungo la
tangenziale dei monti Lepini, e nuove chiese sono state erette nel corso
degli ultimi decenni. |