“C’era una volta un drago, anzi un dragone...”.
Così Bernardo Donfrancesco presenta Coldragone e la sua storia, il volume di
Angelo Nicosia su Colfelice. La presentazione è semanticamente efficace,
perché, in effetti, questo singolare ameno paese della Ciociaria ha nella
sua storia molti elementi sfumati, evanescenti, come di una fiaba. Una fiaba
a lieto fine: “felice”. Tanto per cominciare, il drago che giganteggia nello
stemma comunale, desunto, per gli storici, dall’insegna gentilizia della
Famiglia dei Boncompagni, ma, per l’immaginario popolare, da una diffusa
leggenda che si perde in tempi lontani, sa di fiaba. La raccontiamo ancora
una volta. Nel colle dove sorgerà poi Colle Drago, o Coldragone, un mostro
abitava una grotta e infestava le zone circostanti, facendo strage di
bestiame e forse di persone. Il colle e i suoi dintorni erano ricoperti di
folti boschi, inaccessibili e paurosi. Gli abitanti del territorio, stanchi
dei continui olocausti, in assenza di un mitico Teseo o di un taumaturgico
San Giorgio, pur trovarono un modo originale ed efficace per liberarsi del
drago. Condussero nelle vicinanze della dimora del terribile mostro alcune
scrofe con maialini. Il drago si avventò ingordo contro i teneri cuccioli
per farne ghiotto boccone. Ma le scrofe, inferocite, in difesa dei propri
piccoli, assalirono il drago e lo uccisero. Giova anche considerare che,
forse, la leggenda ha qualche derivazione dall’epica pagana locale, se si
pensa che l’epigrafe sepolcrale romana di Camponi, registrata dal Mommsen,
si riferisce ad un culto venatorio della dea Deana, cioé Diana, come
argomentano Antonio Giannetti e Alceo Morone nelle loro “noterelle
archeologiche” contenute nella pubblicazione Il terrjtorio di Colfelice
in epoca romana.
Ma Colfelice ha del singolare e del mitico anche
nelle sue origini: quelle antiche di Coldragone, che datano un anno preciso,
il 1583; e quelle recenti del 1923 in quanto riferite al neonato comune.
Colfelice viene eretto a comune con Regio
Decreto del 6 dicembre 1923. E solo da questa data nasce il nome, composto
da Col(per Coldragone) e felice(per Villafelice). Il nuovo
comune sorge in risposta ad una insistente richiesta degli abitanti di
Coldragone e Villafelice, ma anche per una esigenza logistica,
amministrativa e sociale, che potevano consigliare il distacco delle due
frazioni da Rocca d’Arce. Con Regio Decreto del 1925 fu sancita la
delimitazione del territorio. Il 17 dicembre 1925 viene ufficializzato il
nuovo comune. Il 1° gennaio 1926 ne inizia la vita amministrativa in piena
autonomia. Tra i fautori autorevoli ed incisivi della creazione del nuovo
comune, va menzionato l’avvocato Bernardo Belli, già sindaco di Rocca d’Arce
e poi podestà di Colfelice dal 1926. Fu insigne civilista, consigliere del
Mandamento di Arce nella Deputazione Provinciale di Terra di lavoro, dal
1920 al 1922 presidente della stessa, Commendatore della Corona d’Italia.
Così è ricordato in una pubblicazione dell’Amministrazione Provinciale di
Caserta: “Per la signorilità dei suoi modi, per la bontà del suo animo e per
la sua grande umanità, specie per le classi misere, l’avv. Belli fu
universalmente amato”. Morì, il 1936, tra l’unanime rimpianto, a Colfelice,
che lo ricorda come suo benemerito cittadino e gli ha dedicato una strada
nella frazione Villafelice.
Colfelice, o meglio le frazioni di Villafelice e
Coldragone, appartengono, per il passato, alla storia di Rocca d’Arce e di
Arce, fino all’autonomia comunale, quando iniziò una storia propria,
comprensibilmente difficoltosa e modesta agli inizi, ma pur entusiasta ed
orgogliosa della propria identità e della propria immagine, protesa ad
affermare la individuale capacità di crescita e di presenza socio-culturale.
Va attribuito a merito del suo spirito di affermazione se Colfelice si è
egregiamente distinta dall’entità territoriale di precedente appartenenza,
spesso superandone il livello di iniziativa e di imprenditorialità. Basti
pensare che Colfelice, demograficamente, ha superato la sua “madre patria”,
Rocca d’Arce.
Negli ultimi anni, ha avuto uno sviluppo
artigianale e industriale di grande considerazione in rapporto all’entità
del Comune: la Molinari, l’A-3 Sud, la Coprital, la Fiorex chiusa da qualche
tempo, 2 ristoranti, un impianto per la lavorazione del legno, varie aziende
artigianali e commerciali. Attualmente è sede del contestato impianto di
smaltimento dei rifiuti solidi urbani, con preselezione e compostaggio per
il relativo riciclaggio. L’impianto, avviato nel 1996, seleziona i rifiuti
per ricavarne materie seconde destinate alla utilizzazione in altri settori
produttivi industriali, agricoli e di recupero energetico. In buona
sostanza, Colfelice, da comune prevalentemente agricolo, fatto di coloni e “parsenacoli”,
nel volgere di appena settant’anni, ha completamente cambiata la sua
economia e la sua immagine socio-culturale. I suoi cittadini, abbandonata
quasi completamente l’agricoltura, si sono diretti verso i rami dei servizi,
della libera professione, del terziario in genere.
Il primitivo insediamento di qualche consistenza
dové aversi lungo la fascia di interessamento della via Pedemontana, in
epoca volsca e romana. Giannetti e Morone spiegano così alcuni toponimi
latini locali. La località Sauta, più a valle di Villafelice, è nome che
deriva da saltus, equivalente a luogo selvoso e incolto (ove
danzavano, saltabant, i satiri, compagni di Bacco, abitatori dei
boschi?). Villafelice, viene da villa-felix, forse con riferimento a
qualche villa romana di “felice” posizione. Rio Proìbito, viene da
pro-vitulo, che significa “di fronte (pro) alla (via) Vitularia”, che
passava in quei pressi; oppure pro-vitulis in quanto fonte per
abbeverare vitelli e bestiame in genere; oppure ancora e semplicemente
pro-bibito, cioè fonte in cui poter bere, dal latino bibo (io bevo),
tenendo anche conto che nel locale dialetto ébeta, sta per bevuta.
La via Pedemontana proveniva da Casinum,
sorpassava il fiume Melfa per mezzo del ponte Ronca in Roccasecca, passava a
Nord di Monte Felice e poi nella località detta Ara Murata, oltre passava
Rio Proìbito per il ponte ivi stante e di cui si osservano ancora pochi
resti nei pressi del l’attuale ponte sulla Casilina. Successivamente, la via
Pedemontana fu sostituita dalla via Latina, spostata verso il fondovalle,
con grave decadenza economica e sociale dei luoghi più a monte. La via
Latina proveniva da Frusino (Frosinone) e
quindi da Fabrateria Nova (Civita di San Giovanni Incarico),
attraversava l’attuale località di Camponi e Ponte San Cirico, per dirigersi
verso i centri di Melfel, Aquinum e Casinum. |