La chiesa e il Monacato, o Monastero, di Santa
Maria di Palazzolo costituiscono quel grande complesso edilizio, di antica
fattura dell’età benedettina, che si trova in località Campo, ovvero di
Villa Euchelia. Vi si accede da piazza Umberto I, salendo verso Ovest, a
solo poche centinaia di metri.
Siamo, in realtà, Palazzuolo, o Palazzolo,
l’antico Casale edificato da quelle prime famiglie che ridiscesero da Castro
Cielo in Asprano, dopo che era passato il pericolo longobardo. Ricordiamo
che Castro Cielo sorse, su monte Asprano, con la distruzione longobarda di
Aquinum. In seguito, da lassù, ove era difficile restare, per
mancanza di acqua e per la lontananza delle terre da lavorare, i
Castrocelesi scesero in parte a Cantalupo, da cui derivò Colle San Magno, e
in parte a Palazzolo, da cui derivò il nuovo, attuale, Castrocielo.
Palazzolo si chiama così perché, come si diceva,
in questo sito esisteva un piccolo palazzo, un palatiolum, o
palaciolum. Probabilmente, tale denominazione si riferiva alla villa
romana Euchelia, che doveva apparire come una sontuosa dimora; e i resti di
colonne scanalate, i vasi, le tubature in terracotta per condotte idriche,
il pannello di monumento sepolcrale confermano questa ipotesi.
Oggi l’antico Monastero di Santa Maria a
Palazzolo si presenta come una costruzione complessa diruta. La facciata
contiene due portali con archi esterni. Attraverso il portale di destra ci
si immette nella chiesa. Al suo interno il Monastero presenta un cortile
claustrale. Al centro del cortile c’è un pozzo, interessantissimo, perché
cala su una cisterna di epoca romana.
Tutto il territorio, che allora apparteneva alla
Chiesa e al Monastero di San Gregorio, fu assoggettato da Zotone, re dei
Longobardi, quando invase queste terre e distrusse la stessa Abbazia di
Montecassino, tra il 577 e il 589.
Ma nel 744 il predetto territorio tornò
all’Abbazia, con la Donazione di Gisulfo II a Petronace.
Frattanto, questa proprietà ecclesiale dei
monaci benedettini passa alle monache ed il Monastero diventa femminile,
diretto da una Badessa. Nel 1134 una certa donna Cecilia è Badessa di Santa
Maria di Palazzolo.
La denominazione della Chiesa e del Monastero,
originariamente di San Gregorio, è dunque diventata di Santa Maria di
Palazzolo, probabilmente con il passaggio dai monaci alle monache. Il
Monastero femminile si arricchisce sempre più di donazioni e di acquisti,
anche a costo di innumerevoli vertenze giudiziarie. Tra gli alltri,
ricordiamo i nomi delle Badesse Beatrice; Mendola; Maria da Aquino; Aloara;
Aluguara; Rogata; Giovanna; Marotta; Gemma da Gallinaro, che, nel 1363,
divenne Badessa di Santa Maria de Ripa in Pontecorvo; Maria da San Germano;
Rita, ultima Badessa del Monacato. Nel 1442, il Monastero torna ai Monaci di
Montecassino. Da ora inizia la decadenza del Monastero di Santa Maria a
Palazzolo, a causa delle continue vendite e locazioni, tra cui l’alienazione
delle terre in località del Monacato denominato “Lo Campo de Santa Maria”.
Siamo nel 1465, il nome di “Campo” indica la zona di Villa Euchelia, nome
tuttora in uso.
Nel 1481 Santa Maria a Palazzolo viene aggregata
al Monastero di Santa Maria dell’Albaneta. Successivamente viene svincolata
e ne diventa Rettore Pietro Garto da Viterbo, parente del Cardinale Giovanni
d’Aragona. Nel 1505 ne è Rettore fra’ Benedetto da San Germano. Si rammenti
che, a quest’epoca, San Germano sta per Cassino. Nel 1566 il monaco
cassinese Dionigi da San Germano è nominato “massaro” del Monacato: ciò
significa che, ormai, il Monastero di Santa Maria a Palazzolo è diventato
uno di quei tipici complessi benedettini di tipo agricolo, una curtis,
vera e propria azienda agricola, in cui i villici lavoravano le campagne e
godevano delle pertinentiae, cioè della possibilità di tagliare legna
nei boschi e di pascolare i propri armenti nei pascoli di pertinenza della
curtis medesima. Della regola ora et labora, che si attua
cruce et aratro (con la croce, cioè con la preghiera, e con l’aratro)
prevale l’aratro! Nei Registi di Montecassino si trova che, nel 1589, addì
26 gennaio, la “masseria” del Monastero di Palazzolo è ceduta in affitto per
duecento ducati l’anno, con obblighi davvero troppo modesti, tra cui quello
di far celebrare una messa nei giorni di precetto. La vita cenobita è, così,
completamente terminata, con l’assenza dei monaci, con la fine della cura
delle anime, delle opere di beneficenza, della diffusione della cultura,
della celebrazione delle messe e dei riti liturgici. L’amministrazione dei
beni, specialmente terrieri, del Monacato continuò fino al 1807, quando
tutto il complesso del Monastero e della Chiesa finì confiscato a seguito
dell’applicazione delle Leggi eversive, con cui Giuseppe Napoleone si
proponeva di eliminare i privilegi feudali nel Regno delle Due Sicilie.
Negli anni ’90 il comune di Castrocielo ha
acquistato in maniera definitiva l’intero complesso del monacato che,
ristrutturato, è stato inaugurato ed aperto al pubblico nel maggio 2001.
Attualmente viene utilizzato come luogo adibito alle manifestazioni
culturali del paese. |