“Dopo, distrutta dai Longobardi la città dAquino,
alcune famiglie della medesima si condussero ad abitare sul monte Asprano, e
per le fabbricate abitazioni col Castello, e per l’altezza del sito
Castrum Coelum appellossi, e quindi Castro Cielo si è detto in Italiana
favella”.
Così Pasquale Cayro racconta l’origine di Castro
Cielo, su Monte Asprano.
Nel VII secolo dopo Cristo, i Longobardi erano
già discesi in Italia e si davano ormai ad occupare le nostre terre, con
massacri, incendi, distruzioni. Nel 578 Briezio scrisse che “Urbs Roma
obsidebatur a Longobardis, tota Italia coedibus, flammisque fumabat”:
Roma era assediata dai Longobardi, l’Italia intera era divorata dalle stigi
e dagli incendi. Nel 580 le scorrerie dei Longobardi infestavano già
Montecassino ed Aquino.
Nel 590 avvenne la desolazione di Aquino, come a
compimento della profezia di San Costanzo, che aveva presagito per questo
periodo che la città sarebbe stata distrutta dalla peste e dai barbari.
Continuiamo con il Cayro: “Indi parte dei suoi superstiti abitanti dovettero
dar principio a quella Terra, che si edificò dietro del vicino scosceso
monte di nome Asprano, e si dissero le fabbricate abitazioni Castrocielo, ed
altre sì Arce sul monte Arcano, Carica oggidì San Giovanni Incarico presso
le rovine di Fregelli”.
Dunque, distrutta Aquino, alcune sue famiglie
ripararono sul prospiciente Monte Asprano, dove eressero un castello e
costruirono abitazioni, chiamando questo insediamento Castrum Coelum,
nella lingua volgare, e Castro Cielo in lingua italiana: Castello, o Castro,
cioè fortificazione, posta ‘in cielo”, data la rilevante altezza in cui si
trovava. Si chiamò “Castro”, non solo perché gli esuli aquinati costruirono
una nuova fortificazione in difesa dai Longobardi, ma sicuramente perché
lassù, in Monte Asprano, già doveva esistere un precedente “castrum”.
Il sito, infatti, si prestava molto bene alla difesa, allo stesso modo di
altre alture nel territorio, come Arx Volscorum (Rocca d’Arce),
Atina, Arpinum. E il primo insediamento, in Monte Asprano, risale ad età
preromana, come testimoniano resti di mura megalitiche, nella zona
sottostante i ruderi dell’antico castello di Castro Cielo.
Studi specifici dovrebbero condurre ad una
scientifica ricostruzione storica di quell’interessantissimo affascinante
sito che è Monte Asprano, con i suoi castelli e le sue grotte, con i suoi
santuari e le sue vestigia preistoriche, con quelle pur poche pietre
appartenenti ad un complesso di fortificazione preromanica.
Sul Monte Asprano, tuttavia, per gli Aquinati
fuggitivi, la vita non era facile. Non era poi una buona sistemazione quel
riparo, almeno per due ragioni, una più valida dell’altra. Innanzitutto
lassù non c’era acqua, se non quel poco che si poteva raccogliere dalle
piogge. E poi, le terre da coltivare erano le stesse che quei terrazzani
avevano abbandonate, nella pianura di Aquino: era dura fatica risiedere a
Castro Cielo in Asprano e lavorare le sottostanti campagne! Perciò i
Castrocelesi, a mano a mano, in ragione dell’allontanarsi del pericolo
longobardo, tornavano ad abitare a valle, ad Aquino, che nel frattempo era
stata ricostruita e ripopolata. Nel 994 Mansone, abate di Montecassino,
ricevette in dono da Laidolfo, principe di Capua, quindici delle principali
famiglie di Aquino e Castrocielo, con tutto il monte che si chiamava
Sant’Angelo in Asprano. Il predetto principe di Capua con giuramento promise
anche di difendere per l’Abate il possesso di Castro Cielo e di Sant’Angelo
in Asprano vita natural durante. Fu allora, nel 994, che l’abate Mansone “si
condusse - per continuare ancora con la narrazione del Cayro - su la cima di
esso monte (cioè Asprano, n.d.a.) dove molti antichi edifizi rinvenne,
poiché quei abitanti avevano di poi tornato a far domicilio in Aquino, e
voleva ivi un castello edificare; ma fu dissuaso per la deficienza
dell’acqua, per cui discendendo per l’istessa montagna, prima di giungere
nel piano fabbricò un Castello su di una rupe, e Roccasecca venne
appellata”. In effetti, l’abate Mansone avrebbe voluto ripristinare e
ripopolare l’antico castello di Castro Cielo, perché era strategicamente
importante per lui tenere un caposaldo a protezione di Montecassino contro i
Signori di Aquino, molto spesso rivali dei benedettini.
Sul disuso castello di Castro Cielo, però,
furono i Gastaldi di Aquino a costruire un nuovo maniero, e intesero
ripopolare quel luogo compiendo ogni sforzo e con ogni stratagemma. Infatti,
nel 1003, i conti d’Aquino Landolfo figlio di Sichenolfo e Landolfo figlio
di Adenolfo offrirono a chi andasse a risiedere su a Castro Cielo,
gratuitamente per tre anni, abitazioni e terreni, colti ed incolti, tra il
fiume Melfa sotto Camorda (il colle a ridosso dell’attuale cimitero di
Roccasecca) e fino al fossato di Sant’Amasia, al confine di Piedimonte. Una
clausola di questa cessione allettante voleva tuttavia che i predetti
terreni, offerti ad incentivazione per popolare Castro Cielo, potevano
essere venduti solo a persone residenti in questa stessa Civitas. Del
primitivo disuso castello fu conservato anche il nome, di Castro Cielo,
appunto. Intorno al Mille, la popolazione di Castro Cielo aveva raggiunto
una considerevole dimensione, tanto che quell’insediamento urbano intorno al
castello su Monte Asprano fu chiamato Civitas. Nel 1153, dai Conti di
Aquino, vi fu inviato a governare il capitano dell’esercito Graciano,
denominato Stratiga di Castro Cielo. Fu questo il periodo di massimo
splendore del castello su Monte Asprano, da non confondere con il moderno
Castrocielo, sorto ai piedi del predetto monte, presso Palazzolo e
dirimpetto ad esso.
Purtuttavia, il problema dell’approvvigionamento
dell’acqua era sempre attuale e l’insediamento urbano su Castro Cielo in
Asprano non poteva durare: ricomincia l’ultimo, definitivo spopolamento,
l’abbandono e il ritorno alla terra d’origine. Non tutti, però, fanno
ritorno ad Aquino. Alcune famiglie si spostano sul versante settentrionale
di Monte Asprano, in direzione di Monte Cairo e daranno vita a Colle San
Magno; altre sul versante meridionale, in quel sito che fu già della villa
romana Euchelia, sul lato sinistro del Fossato che la divide da Monte
Asprano. Questo nuovo insediamento urbano, derivato dallo spopolamento di
Castro Cielo in Asprano, si chiamò Palazzolo, per via di un “piccolo
palazzo”, palaciolum, che stava nella Villa Euchelia.
Originariamente, le popolazioni di Castro Cielo,
Colle San Magno e Palazzolo formavano una sola unità civica, una sola
Uiniversitas, amministrata da quattro Governatori, o Governanti, come
scrive il Cayro. Colle San Magno costituì subito unità a sè stante.
Palazzolo, invece, restò “casale” di Castro Cielo in Asprano per molto
tempo. E’ dal 1308 che risultano esserci le prime costruzioni abitative in
Palazzolo. Prima vi erano solamente i resti della Villa Euchelia, il
Palaciolum ed il Monastero femminile di Santa Maria delle Monache. Nel
1329 il casale risulta già cresciuto abbastanza, a tal punto che il Palazzo
Pretoriale, il Palacium Curiae, ossia il palazzo in cui allora veniva
amministrata la giustizia, non era in Castro Cielo, bensì proprio qui, a
Palazzolo.
La posizione geografica di Palazzolo era ottimale,
riparata dai venti sia di levante che di tramontana, in clima mite,
temperato nei rigori invernali e arieggiato d’estate; diversamente da
Aquino, umido e malsano per la presenza di tre laghi, diversamente da Colle
San Magno, dai forti rigori invernali.
Il caseggiato di Palazzolo andava però spostandosi
dalla zona di Villa Euchelia, zona comunemente chiamata “Campo” ancor oggi,
in direzione del versante opposto, alla destra del Fossato e nel pendio a
Sud di Castro Cielo in Asprano. Questo nuovo caseggiato crebbe rapidamente,
da soverchiare, in estensione e popolazione, Palazzolo in Villa Euchelia e
divenne l’attuale Castrocielo.
Nel 1603, su Castro Cielo in Asprano erano
rimaste soltanto dodici famiglie, che peraltro non tardarono a trasferirsi
nella “nuova patria” di Palazzolo, che quindi sostituì in tutto e per tutto
la “madre patria” di Castro Cielo. Fu perciò naturale trasferire giù, a
Palazzolo, anche il nome, per cui il nuovo insediamento si chiamò Castro
Cielo Palazzolo. In un documento del 1710 risulta chiara tale denominazione:
Castrum Coelum Palatiolum. Per l’esattezza, si tratta di un
atto notarile, in cui si legge: Notarius Franciscus Pantaccione terrae
Castri Coeli Palatioli. Tale denominazione, peraltro, figurava negli
atti ufficiali. La ritroviamo, per esempio, nei registri degli atti fiscali
della Regia Camera; nel Sigillo comunale troviamo lo stemma che raffigura un
Castello con intorno le lettere maiuscole dell’alfabeto C.C.P., che sta per
Castro Cielo Palazzolo. Nel linguaggio corrente, più semplicemente si è
preferito usare la dizione sintetica di Palazzolo, o Palazzuolo.
Solo nel 1882, con Decreto del Re Umberto I,
datato 16 agosto, su richiesta del suo Consiglio, Palazzolo, ossia Castro
Cielo di Palazzolo, si chiamò Castrocielo.
Al tempo in cui il Cayro scriveva la sua Storia,
agli inizi del 1800, Castro Cielo Palazzolo contava 1221 abitanti, con 107 “fuochi’,
ossia famiglie. Prima di questo periodo, Castro Cielo Palazzolo costituiva
unica “Università” con Colle San Magno. Dopo, invece, furono costituite due
distinte “Università”, ognuna delle quali eleggeva i propri Amministratori.
Palazzolo e Colle San Magno avevano pascoli in
comune, pur con distinti confini; al primo fu riservata la parte meridionale
del crinale di Monte Asprano con la sottostante pianura, al secondo la parte
montuosa, a settentrione, verso le pendici di Monte Cairo. |