Castelliri

 

Provincia di Frosinone, abitanti 3.495, superficie Kmq 15,51, altitudine m.216

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COMUNI

Note

La ridente Castelliri (un tempo denominata Castelluccio) sorge, in buona posizione panoramica, su un colle, a m. 216 s.l.m. Intorno al paese i campi coltivati appaiono sempre più punteggiati da nuove costruzioni, mentre a nord ovest si estende un ampio bosco.

 

Castelliri è situata lungo la strada SS. 214, che partendo da Frosinone raggiunge Casamari e poi Isola del Liri; dista da quest’ultimo centro poco più di un chilometro e dal Capoluogo Km. 22.

 

Abitanti: Castelliresi

Festa patronale: Santa Maria Salome

Comuni limitrofi: Arpino, Isola del Liri, Monte San Giovanni Campano, Sora.

Distanza da Frosinone Km. 22

Autostrada: A1 Frosinone - Ceprano

LA PREISTORIA

Castelliri è zona di rilevante interesse paleontologico. Giustiniano Nicolucci, infatti, nel 1871 riferiva che in località Sant’Elia, fra i depositi fluviali di una valle, sul fondo della quale scorreva un torrente, si erano rinvenuti una grossa zanna di elefante, le corna e un dente molare di cervo. Nello stesso luogo, a tre metri di profondità nel giacimento, fu trovata una “scure” del paleolitico, in selce biancastra scheggiata su una delle facce, “ciò che la rende tagliente sui due lati e alla punta”.

Personalmente, nel 1989, potei esaminare (ma non fotografare) un dente di Elephas Antiquus, quasi completo, della lunghezza di cm. 25, venuto alla luce durante lo scavo di un pozzo, nei pressi del Campo sportivo, in proprietà del Sig. Antonio D’Arpino. Antichi rinvenimenti di elefante riguardano poi Arpino (in una cava presso la Stazione), i depositi quaternari dell’alta valle del Melfa, Cassino (sul Rio Provitero, insieme con resti di ippopotamo) ed Aquino. Ricordiamo che resti di Elephas Antiquus, provenienti dalla località Sant’Anna (Veroli), sono conservati sia nel Museo di Casamari (una zanna) che nella Biblioteca Giovardiana ed altri ancora nel Museo Civico di Pofi.

Nella collezione di G. Nicolucci erano affluiti diversi strumenti litici di età “neolitica” di “Castelluccio di Sora”: una cuspide di lancia, due frecce, due coltelli, una scure. Nel 1870, lo studioso di Isola del Liri descriveva la “scure” come fatta in “diorite”, levigata in tutta la sua superficie e con il taglio ben affilato; l’anno seguente parlava però anche di raschiatoi ordinari e di “un’affascinante scure in giadeite” (in realtà nefrite “intatta, di un bel colore verde mela e trasparente sui bordi”).

A circa un Km. a N.O. dall’abitato di Castelliri, sulla spianata superiore di un rialzo collinare, sempre il Nicolucci, nel 1873, segnalò una necropoli dell’età del Ferro, con sepolture formate da fosse ovali, nelle quali i defunti venivano deposti ripiegati su se stessi e ricoperti di terra. Le sepolture erano venute alla luce nel 1869, durante lavori agricoli, ma erano poi andate distrutte. Era rimasta tuttavia intatta una fossa sul ciglio di una spianata, dove il Nicolucci raccolse un cranio ed alcune altre ossa frammentate. Il cranio era doli cocefalo ortognato, con un forte sviluppo dell’occipite e con limitata capacità interna.

Lo stesso ricercatore esaminò i reperti rinvenuti in una piccola grotta naturale ricolma di terra (situata sulla stessa spianata), riferibili alla tomba di un qualche “capo”. Vi era una grande olla di terracotta, all’interno della quale era sistemato un altro vaso che racchiudeva le ceneri dell’estinto.

"...E’ fatto a mano ed ha molte faccette quasi rettangolari incassate all’esterno, ed è verniciato di nero tanto al di dentro, quanto al di fuori. Il dolio anch’esso era tutto frammentato e formato con argilla rossa e molto grossolana”. Lo studioso paragonava il vaso soprattutto a reperti analoghi trovati nella necropoli del “Monte Albano”.

IL PERIODO ROMANO

Il territorio di Castelliri risulta abitato anche in epoca romana. Era allora attraversato da importanti tracciati stradali. Una strada, ben documentata, proveniva da Arpino collegandosi alla via Sora - Casamari (Cereatae) - Veroli.

Un altro percorso, quello definito in una Carta settecentesca di Isola Liri come “Via Romana”, raggiungeva la stessa strada Sora-Veroli prima della località Croce o Cona. Inoltre, in località San Pietro-Finimondo, si estende un’area di frammenti fittili (orci, tegoloni, ceramica); molti anni fa venne alla luce un mosaico con pesci poi ricoperto, ma un frammento musivo con tessere bianche è ancora visibile in una vicina casa.

Le testimonianze storiche sono riferibili ad una villa, ad un ponte, a tratti di basolato, a diversi elementi funerari (fra i quali un rilievo scultoreo) e ad epigrafi e sono databili per un periodo che va dal I secolo a.C. al II secolo d.C.. Il territorio di Castelliri, prima compreso nell’ager di Arpinum, rientrò poi nell’ambito del municipium di Cereatae Marianae. Le sepolture, in genere, sono attribuibili a liberti greco-orientali.

IL MEDIOEVO

Al 1150 -1160 (o 1187) si data probabilmente il Catalogo dei Baroni che dovevano contribuire, sotto il re Normanno Guglielmo II il Buono, alla spedizione in Terra Santa. Vi risulta che Roffredo de Insula (abate di Montecassino e feudatario) e suo nipote mettevano a disposizione per Isola e Castelluccio dai 4 agli 8 milites, personaggi cioè appartenenti al ceto nobiliare, e dieci servientes.

Nelle lotte che videro contrapposti Diopoldo e Corrado di Marlenheim, fedeli di Enrico VI, da una parte, e lo Stato della Chiesa, l’Abate di Montecassino e i Signori di Aquino dall’altra, Castelluccio, seppur indirettamente, fu coinvolta nelle operazioni belliche. Sconfitto Corrado di Marlenheim, il pontefice Innocenzo III concesse al fratello Riccardo la Contea di Sora e di Arce (1208), che comprendeva fra gli altri centri Castelluccio.

Nel 1229, l’anno in cui Federico II distrusse Sora, Stefano de Anglone, “Giustiziere” di Terra di Lavoro, per incarico dell’Imperatore, occupò Isola e Castelluccio, ponendovi delle guarnigioni. In quest’occasione Isola, così come Insula Solarata, furono date alle fiamme (anche se i danni dovettero essere piuttosto limitati) ed è probabile che anche Castelluccio abbia allora subìto un’uguale sorte. Nello stesso anno, si dette “riparo ai danni sofferti”, anche se le ostilità ripresero presto nella zona.

Nel 1279 risulta che il feudatario Federico Isola aveva vassalli a lui sottoposti sia in Isola che a Castelluccio; quest’ultimo, nelle Rationes Decimarum viene definito castrum, cioè un centro fortificato. Per questo periodo (1281) Castelluccio risulta tassata per 8 fuochi (Sora 12, Atina 9, La Posta 3) e paga due “once” d’oro.

Nel 1310 il re Roberto d’Angiò, successore di Carlo Il, con un suo diploma, rimetteva al suo Vicario le rimostranze di un Roffredo di Isola residente a Napoli, contro alcune persone che creavano turbative riguardo ai suoi diritti sui castelli di Insula Filiorum Petri e di Castelluccio; ancora una volta quindi viene constatata la connessione territoriale fra Isola e Castelluccio, una realtà che riaffiorerà in seguito in molte circostanze. Alcuni anni dopo, nel 1316, la situazione politica e amministrativa appare completamente cambiata. La Famiglia “de Isola”, per estinzione o cessione dei suoi diritti, aveva perso i suoi antichi feudi e, in un diploma del 1316, del re Roberto, si legge che il nuovo Signore di Isola e di Castelluccio in quell’anno era un certo Novellone di Salvilla.

Per questo periodo abbiamo alcune interessanti notizie di economia. Per il 1320-1321 sappiamo infatti che, in relazione alle tasse che si dovevano versare nel Giustizierato della Terra di Lavoro, Castelluccio doveva versare once 9, tarì 6 e grana 1.

In un Privilegio del 1339, risulta che Filippo Estentnardo (Etendard o Stendardo), un feudatario di origine francese, vendeva la metà di Castelluccio a Tommaso De Zaulis, segno questo che le sorti del paese si erano ormai distaccate da quelle di Isola. Un ulteriore frazionamento è dimostrato da un documento del 1340, in cui il re Roberto concede il suo assenso ad una transazione fra Clemenza di Villacublay e Carlo di Stella, che figurano possessori di alcune porzioni di Castelluccio e di Isola.

Successivamente, il paese fu nuovamente unito al dominio feudale di Isola, sotto la famiglia “de Celano”. L’ultima rappresentante di questa famiglia, rimasta vedova nel 1439 di Giovanni Tomacelli, Conte di Sora, con un matrimonio politico, sposò Nicolò Cantelmo, al quale, prima del 1460 (forse alla morte di Giuliano de Celano) passarono, fra l’altro, anche Castelluccio e Isola del Liri. Da questo momento la storia dei due paesi sarà strettamente legata a quella di Sora.

Nelle lotte fra Aragonesi e Angioini, da una parte vi erano il re Ferdinando I, sostenuto dal papa Pio II e dall’altra alcuni fra i più potenti Baroni del Regno, che nel 1458 avevano acclamato come loro re Giovanni d’Angiò. Del gruppo dei Baroni ribelli faceva parte il duca di Sora Giampaolo Cantelmo.

IL DUCA GIAMPAOLO CANTELMO E L’ASSEDIO DI CASTELLUCCIO

Molti dei successivi avvenimenti di guerra si svolsero nella Media Valle del Liri e in particolre nel territorio fra Isola e Castelluccio. Nel 1461 Giampaolo Cantelmo, che già si era impadronito nell’anno precedente di molte terre, fra le quali Arce e Fontana, cercò di sbarrare il passo sui confini del Regno, probabilmente presso Casamari, ad Antonio Piccolomini, nipote del Papa, che con ottocento uomini, andava in soccorso di Ferdinando, in seguito, l’esercito pontificio, guidato da Federico d’Urbino, dopo avere investito inutilmente Sora, puntò su Castelluccio “per proibire i foraggi ai Sorani”. Era allora comandante di questa fortezza il senese Antonio Petrucci “l’uomo più iniquo, irreligioso e di mala fede di quei tempi”. Qui lo raggiunse il Duca Giampaolo, con i suoi armati, per organizzarvi la resistenza. Si narra che, all’apparire dell’esercito del Papa, il Cantelmo così parlò ai suoi soldati: “Ecco, lasciate che venga l’esercito ecclesiastico: combatteremo con delle femmine: il bottino ci renderà ricchi: vedo alcuni (di voi) pallidi, che temete? La religione vi incute paura o temete il vuoto nome del Papa, che chiamano Vicario di Cristo? E’ (questa) una vana superstizione...”. Mentre parlava, però, una cannonata fece crollare il muro dove egli si trovava.

Iniziò l’assedio e si combatteva da vicino con spingarde e piccole bombarde. Tuttavia, la conformazione del luogo e il fatto che facilmente gli assediati riuscivano a porre riparo ai danni del cannoneggiamento fecero capire al Capitano del Papa che stava perdendo inutilmente il suo tempo. Intanto arrivarono rinforzi al Cantelmo, soprattutto da parte del Duca di Sessa. Federico d’Urbino, da parte sua, pose la massima attenzione, per evitare eventuali sortite, avvicinando le sue truppe sin sotto la piazzaforte. Dette quindi il segnale dell’attacco finale, che si svolse con grande impeto. In tal modo Castelluccio venne espugnata e data alle fiamme.

Mentre Antonio Petrucci cadde prigioniero e fu condotto ad Urbino, Giampaolo Cantelmo riuscì a stento a salvarsi con la fuga. Mostrò allora un breve pentimento, che lo portò ad un’effimera tregua, ma poi riprese ancora le armi. Dopo nuove vicende belliche, il Re Ferdinando si accinse a riconquistare la Terra di Lavoro. Mentre egli avanzava per la via di Sessa, Napoleone Orsini, guidando le milizie papali, composte da un migliaio di soldati, scese attraverso l’Abruzzo nel territorio di Sora; investì poi e prese la rocca di Isola, Castelluccio ed Arpino.

Giampaolo Cantelmo chiese a questo punto una tregua e si giunse così alla pace (con il Patto di Arpino del 24 novembre 1463), che prevedeva la cessione alla S. Sede di Sora, Arpino, Isola, Castelluccio, Casalvieri e Fontana. Nel 1472 Sisto IV rinunciò, però, al diritto di sovranità sul ducato di Sora e Ferdinando ne investì allora Leonardo della Rovere, nipote del Pontefice, dandogli in moglie una sua figlia naturale.

L’ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA

Iniziava così il dominio dei Della Rovere, che si interruppe nel 1516, quando Francesco Maria il Vecchio dovette cedere dinanzi ad un esercito comandato da Ferdinando d’Avalos. Seguì la cessione di “Sora, Broco, Casale, Castellucci, Fontana, Arci et altre”, fatta dall’Imperatore Carlo V a favore di Guglielmo di Croy marchese di Arescot. Tuttavia, in seguito al riavvicinamento fra Clemente VII e Carlo V, il 30 maggio 1533, l’Imperatore stabiliva la reintegrazione del Ducato di Sora a favore di Francesco Maria Della Rovere duca di Urbino.

Come risulta dalla Descrizione dello Stato di Sora e suoi confini (Archivio Boncompagni Viscogliosi, Prot. 29,20), nel 1579 Castelluccio era tassata per 70 fuochi; in quel periodo vi erano controversie confinarie fra Isola e Castelluccio, ma erano in via di definizione.

I Della Rovere governarono sino al 5 dicembre 1580, quando Francesco Maria II Della Rovere vendette il Ducato, comprendente Castelluccio, a Giacomo Boncompagni, Marchese di Vignola, figlio del Pontefice Gregorio XIII. Uno dei suoi successori, Gregorio I, il 18 ottobre 1619, affittò per quattro anni lo Stato di Sora (con Castelluccio) a Giampietro Carrara e Giovanni Evangelista Giannotti. Nel 1750, le Terre di Isola e di Castelluccio versarono congiuntamente nelle casse del duca Gaetano Boncompagni Ludovisi la somma di ca. 884 scudi. Nel 1796 l’ultimo duca, Antonio Il, “permutò” i suoi stati, che passarono al Regio Demanio.

Seguirono i tempi burrascosi dell’invasione francese. L’il marzo 1799 una colonna di 300 francesi, provenienti dallo Stato Romano, si presentò “avanti Castelluccio, primo Paesetto, che incontrasi, volendo entrare nel Regno per la strada di Veroli. A questa inaspettata visita presero le armi i terrazzani, e cominciarono a far fuoco dalle mura per più ore, che produsse la morte a molti aggressori. Ma alla fine sopraffatti quelli dal maggior numero, si posero in fuga e vennero a chiudersi entro l’Isola, abbandonando le proprie case, e sostanze al furore, ed ingordigia de’ soldati. Eglino tagliarono a pezzi i pochi infermi rimastivi; saccheggiarono la Terra, ed incendiarono alcune case colla Chiesa sotto il titolo del Rosario, per cui restò incenerita la S. Croce, particolar pegno di devozione di quella popolazione, e regalo del Baronio. Or parte di essi sta applicata al bottino e ‘l resto scende verso l’Isola a tamburo battente” (E Pistilli).

Tornarono i Francesi davanti a Castelliri in maggior numero e “sostenuti dal cannone”. Gli abitanti, pur avendo rafforzato le mura castellane, preferirono rifugiarsi ad Isola. Da qui, il contrattacco congiunto dei difensori ricacciò provvisoriamente i Francesi sino a Veroli.

Questi ultimi si ripresentarono il 2 aprile davanti Castelliri lanciando con gli obici 22 granate sull’abitato, ma senza fare gravi danni. Non riuscendo nel loro intento, incendiarono allora le case rurali del circondano.

Durante il difficile periodo postunitario, di nuovo troviamo Castelliri coinvolta in avvenimenti bellici. Nella notte fra il 27 ed il 28 maggio del 1861, vi fu un improvviso colpo di mano contro Castelluccio del brigante Chiavone, che con 60 compagni attaccò il paese, mettendo in fuga le 20 guardie nazionali. Furono allora devastati e incendiati il Comune e alcune case.

Il 14 dicembre 1862 Castelluccio, con Regio Decreto, assunse la denominazione di “Castelluccio di Sora”, ancora cambiata il 28 luglio 1878 in quella attuale.

Il terribile terremoto del 13 gennaio 1915 produsse nel paese gravi distruzioni. Le vittime furono 56.

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